Merone, l'orfana di Chernobyl salvata da un intero paese

La storia di Nastia: "Ricomincio grazie a voi"

Nastia, Anastasia Hrymovich

Nastia, Anastasia Hrymovich

Merone (Como), 30 marzo 2015 - La nube radioattiva di Chernobyl le ha portato via troppo presto la mamma e il papà, ma Nastia ne ha trovati di nuovi sul suo cammino, in un luogo lontano da Zhodino, in Bielorussia, dove ha vissuto la sua adolescenza. La sua famiglia allargata parla italiano e vive a Merone in provincia di Como, a un passo dal piccolo lago di Pusiano che Nastia, all’anagrafe Anastasia Hrymovich, ha imparato a conoscere a 11 anni, in quella lunga estate trascorsa lì in compagnia dei suoi compagni di orfanatrofio, ospite della parrocchia e di alcune famiglie del posto. Giorni felici rievocati nelle lettere scritte per anni alla sua mamma e al suo papà italiani, i quali non hanno mai staccato il cordone ombelicale fatto di carta.

Poi all’improvviso il silenzio. Una sera del mese di agosto del 2012, mentre tornava a casa a piedi con il suo ragazzo, un’auto ha travolto entrambi mentre percorrevano una strada poco illuminata nella periferia di Borisov. Lui è morto sul colpo e lei per mesi ha lottato in un letto di ospedale, nel silenzio forzato che diventava angoscia amplificata dalla distanza per la famiglia italiana. C’è voluto un anno per sapere quel che era accaduto a Nastia, venire a conoscenza dell’incidente e sapere che dopo diverse operazioni la giovane aveva perso completamente la mobilità del braccio sinistro e di parte del destro.

Si rimette in moto l’oratorio di Merone e un gruppo di ragazzi vola a Borisov per incontrarla. «Bisogna riportarla di nuovo qui – si dicono nella piccola comunità – questa volta per curarla». Nel gennaio 2014 Nastia torna a Merone, viene visitata dagli specialisti del reparto di Chirurgia della mano dell’Ospedale S. Gerardo di Monza, ma non si può intervenire per mancanza dei permessi necessari. In paese non demordono e lo scorso 19 marzo Nastia finalmente riesce ad atterrare all’aeroporto di Malpensa e il 26 marzo, quattro giorni dopo il suo compleanno, viene operata al «San Gerardo» di Monza.

«Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato a cogliere questo primo traguardo – racconta la ragazza – Grazie al dottor Cristiano Fusi, medico fisiatra, che per primo mi ha ridato una speranza. Un abbraccio agli amici di «Primavere Del Mondo» di Como, che si sono fatti garanti dell’iniziativa, ai medici del reparto di chirurgia della mano dell’ospedale San Gerardo e ai miei genitori italiani, sempre disponibili ad accogliermi e a sostenermi con il loro calore e affetto». Il percorso di Nastia è ancora lungo: dopo l’operazione, l’aspettano tre settimane di blocco completo della mobilità dell’arto, e poi due mesi di riabilitazione. «Sarà dura, ma ce la farò – sorride Nastia – adesso so che non sono più sola».