Venerdì 19 Aprile 2024

Como, funzionari del fisco corrotti. Cinque richieste di rinvio a giudizio

Il capo di Lecco ed Erba accusato di aver ricevuto 20 mila euro di Paola Pioppi

Il sostituto procuratore Massimo Astori ha coordinato l’inchiesta

Il sostituto procuratore Massimo Astori ha coordinato l’inchiesta

Como, 5 gennaio 2015 - Sono cinque gli indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio a conclusione dell’indagine sul presunto giro di corruzione partita dall’arresto di Rosario Lo Conte, 62 anni di Como, funzionario dell’Agenzia delle Entrate di Lecco, e recentemente di Erba, finito in cella un anno fa e poi scarcerato. Il sostituto procuratore di Como Massimo Astori, ha inviato l’avviso, oltre allo stesso Lo Conte, a Claudio Caramaschi, 62 anni di Arcore, commercialista e all’epoca membro del collegio sindacale della Valsecchi Costruzioni, Fiorenzo Valsecchi, 51 anni di Lomagna, Anselmo Angelo Grimoldi, 78 anni di Paderno d’Adda, e Beniamino Brusadelli, 70 anni di Cesana Brianza. Le accuse a Lo Conte, all’epoca Capo Ufficio Controlli, partono dall’ipotesi di aver ricevuto denaro per favorire pratiche relative al versamento di imposte.

In particolare gli viene contestato di aver ricevuto nel autunno del 2011, 20mila euro da Caramaschi – che avrebbe agito in concorso con lo stesso Valsecchi - in banconote da 50 e 100, per “l’accomodamento” di pratiche tributarie relative agli anni 2006 e 2007, con l’ulteriore promessa di evitare «futuri ed ulteriori controlli fiscali alle società collegate alla Valsecchi Costruzioni Srl». Il ruolo di Caramaschi, nello stesso periodo, riguarderebbe anche garanzie su accertamenti di un altro suo cliente, Anselmo Grimoldi, relativamente ai redditi 2005-2006. In questo caso, il compenso sarebbe stato un orologio da 5000 euro, di una marca di cui il Grimoldi era concessionario, sempre con la promessa di evitare ulteriori controlli futuri da parte dell’Agenzia delle Entrate. Con Beniamino Brusadelli, Lo Conte sarebbe invece intervenuto per risolvere un contenzioso relativo all’acquisto di un terreno, e alla quantificazione del suo valore: questione che sarebbe stata risolta intervenendo direttamente con l’Ufficio di Erba, titolare della pratica, tra 2012 e 2013, a fronte di un compenso di 1500 euro. Il funzionario, dopo l’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, aveva rigettato ogni accusa: «Non ho mai preso un centesimo in danno della pubblica amministrazione – aveva dichiarato al giudice -. Ho dato pareri e aiutato a compilare pratiche, ho incassato piccole cifre in nero, ma non ho mai gestito privatamente nulla che fosse incompatibile con il mio ruolo di funzionario».