Como licenzia e il Ticino assume. Il paradosso al confine tra Italia e Svizzera

Aumenta il numero di frontalieri: la crescita è del 6,5% di Roberto Canali

Dogana al confine tra Italia e Svizzera

Dogana al confine tra Italia e Svizzera

di Roberto Canali

Como, 29 agosto 2014 - Le campagne xenofobe e le proposte di contingentarne l’ingresso non sono servite a frenare l’arrivo dei frontalieri in Svizzera, arrivati nel solo Canton Ticino alla cifra record di 62.458, il 6,5% in più rispetto allo scorso anno. Oltre due punti percentuali in più che nel resto della Confederazione, dove la presenza di frontalieri è cresciuta del 4,3%. L’apporto di manodopera italiana è cresciuto del 9,4% nel settore terziario dove tra gennaio e marzo sono stati assunti 2154 frontalieri. Secondo l’Ufficio Federale Elvetico di Statistica il Canton Ticino, anche nel corso dei primi sei mesi del 2014, ha confermato il suo ruolo di locomotiva dell’economia. I posti di lavoro a tempo pieno e determinato sono 185mila, con una crescita dell’1% di assunzioni. Così mentre in provincia di Como le aziende sono costrette a licenziare e chiedere la Cassa Integrazione per i loro dipendenti, al di là del confine tra gennaio e marzo sono state assunte 2mila persone.  Rispetto al secondo trimestre 2013 la crescita è stata di 1.200 posti, pari a circa lo 0,7% in più. 

Dei 62.458 lavoratori italiani impiegati in Canton Ticino ben 26.104 sono attivi nel settore secondario, 35.752 nel terziario. Quelli che lavorano nell’agricoltura sono 602. Su base annua, i frontalieri nell’industria sono aumentati di 741, pari a circa il 2,9% in più. Rispetto al primo trimestre la crescita è di 594 (+2,3%) nel secondario e di 1537 (+4,5%) nel terziario. Sono aumentati sia gli uomini (2.423 lavoratori in un anno, +6,7%) che le donne (ben 1401 nuove assunzioni, +6,1%) . Nel giro di dodici anni, ovvero dall’entrata in vigore dell’accordo per la libera circolazione delle persone, il numero di frontalieri è praticamente raddoppiato, balzando da 31.911 lavoratori agli attuali 62.458. «Questi dati sono la migliore dimostrazione del fatto che gli imprenditori svizzeri continuano ad aver bisogno della manodopera frontaliera - spiega Sergio Aureli, del sindacato svizzero Unia - Malgrado le periodiche prese di posizione di chi vorrebbe rendere più difficile il loro accesso». 

Non è un caso che proprio gli imprenditori ticinesi, a più riprese, si sono dichiarati contrari alla politica di reintroduzione delle quote per i lavoratori stranieri. In pratica il ritorno al sistema in vigore in Svizzera fino a trent’anni fa che, secondo loro, rischierebbe di tradursi in un grave danno per le aziende scudocrociate che vedrebbero aumentare il costo della loro manodopera.