Como, 18 febbraio 2017 - Non ce la faceva più. Da giorni aveva un’angoscia che lo pressava e che confidava ai vicini. Gli mancava il respiro, non dormiva. «Speriamo che il Signore guardi giù», aveva detto un paio di giorni fa ad un amico. E ieri pomeriggio Armando Molteni, pensionato di 82 anni, ha preso un coltello in cucina e ha colpito più volte la moglie Anna, 74 anni e depressa, uccidendola. Poi si è ferito all’addome e al collo, con l’intenzione di togliersi a sua volta la vita. Ma lui, operato d’urgenza, si salverà.
È accaduto all’ultimo piano di una palazzina di via Canturina 92, periferia di Como. Marito e moglie abitavano qui da tanti anni, in mezzo alle villette che si affacciano su una delle principali arterie della città. Autosufficienti entrambi, due figli – maschio e femmina – che non vivevano più con loro ma che vedevano spesso. È stato proprio il figlio a trovarli ieri sera prima di cena: non li aveva sentiti, era passato a trovarli, si è trovato davanti a una scena agghiacciante. Sua madre ormai senza vita, suo padre gravemente ferito. Ha chiamato subito i soccorsi e la polizia. L’ambulanza ha portato all’uomo al vicino ospedale Sant’Anna, dove è stato operato: non sarebbe in pericolo di vita, nonostante i timori iniziali. Assieme alla polizia, è intervenuto il sostituto procuratore Simona De Salvo, che ha fatto un sopralluogo nell’abitazione, dove era al lavoro la scientifica. Quello che è accaduto, appare drammaticamente chiaro, privo di ogni mistero. Una tragedia che sembra essere stata dettata dalla stanchezza, dalla paura e dalla malattia. Dal timore di dover affrontare il peso delle cose che peggiorano e diventano più difficili ogni giorno.
Anna era in cura, un po’ di depressione, che non sembrava però grave, almeno a sentire chi la conosceva. I vicini di casa, le persone con cui marito e moglie si fermavano a fare due chiacchiere lungo il marciapiede, in una zona di Como trafficata, veloce. Negli ultimi giorni, a preoccupare di più chi li conosceva era lui, con quei discorsi strani. Quel continuo ripetere che la notte non dormiva, che il giorno gli mancava il respiro e sentiva un peso lì, in mezzo al petto. «Poi mi ha detto quella frase – sussurra un vicino, incredulo e dispiaciuto – non ho capito cosa volesse dire, ha ripetuto un paio di volte le stesse parole, “Speriamo che il signore guardi giù”». Cosa intendesse, si è capito solo ieri.