Strage di Erba, l'ultima carta di Olindo e Rosa: "Trovate le tracce dei colpevoli"

Romano scrive dal carcere: "Non mi autoaccuserei più"

Olindo Romano e Rosa Bazzi

Olindo Romano e Rosa Bazzi

Erba (Como), 9 novembre 2017 - Ci saranno anche loro, Olindo Romano e Rosa Bazzi, il 21 novembre, nell’aula della prima sezione della Corte d’appello di Brescia. I coniugi condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, quattro massacrati a coltellate e colpi di spranga, vedranno discutere e giocarsi il loro destino nell’incidente probatorio per l’esame dei nuovi reperti indicati dai difensori. «È sempre - scrive Romano dal carcere di Opera - una fatica subire ingiustamente per ciò che non ho fatto. Continuo a lavorare in cucina e questo mi dà molte soddisfazioni. Cercando sempre di fare al meglio anche se il vitto che passa il ministero è proprio risicato...». Le aspettative. «Spero che le nuove analisi possano riaprire il caso e far definitivamente luce sulla nostra innocenza. Visto che non troveranno nostre tracce spero che trovino ancora quelle dei veri colpevoli».

La difesa chiederà anche l’esame della tenda nell’abitazione di Valeria Cherubini, vicina di casa di Raffaella Castagna, altra vittima del massacro del’11 dicembre 2006, in un caseggiato di via Diaz. Il marito Mario Frigerio sopravvisse, per quanto gravemente ferito. «Per quello che posso ricordarmi in quel minestrone di ‘confessione’ non abbiamo parlato dell’appartamento dei Frigerio. Avevo raccontato di aver colpito la Cherubini sul pianerottolo di casa Castagna perché lì pensavo che si erano svolti i fatti. In realtà come poi è emerso dalle tende con gli schizzi di sangue nella casa dei Frigerio si capisce benissimo che la povera signora è stata colpita in casa sua. Sperando sempre che anche questi fatti emergano a Brescia e che i giudici bresciani possano chiarire che in base agli elementi oggettivi io e Rosa non c’entriamo nulla con la strage. Dai Frigerio eravamo andati una volta o due non ricordo quando, più di un anno prima dei fatti, per prendere un caffè gentilmente offerto».

Oggi non si autoaccuserebbe più, nella speranza di non staccarsi dalla moglie. «Qualche anno fa avrei risposto che per Rosa avrei fatto di tutto. Ripensandoci in effetti ho fatto proprio quella ‘confessione’ che ci ha incasinato e ci costringe qua, proprio per questo oggi starei più attento. Oggi scelgo la revisione del processo, anche se Rosa mi manca tantissimo». L’ex netturbino lo racconta e ribadisce in una lettera a Telelombardia che verrà trasmessa questa sera alle 20.30 nella trasmissione Iceberg. I difensori Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Nicola D’Ascola hanno indicato una serie di oggetti non considerati e tracce biologiche non rilevate nelle indagini, che potrebbero rivelare presenze estranee ai Romano. Formazioni pilifere sulla felpa di Youssef, il bambino di due anni e mezzo di Raffaella Castagna. I margini ungueali e le porzioni dei polpastrelli del piccolo. Le unghie di Raffaella, della madre Paola Galli, di Valeria Cherubini. I giubbotti di Raffaella e della Cherubini. Il giaccone di Paola Galli. Un macchia di sangue sul terrazzino di casa Castagna. Un mazzo di chiavi nell’appartamento. Un accendino su pianerottolo. Mozziconi di sigaretta.