Erba, la vita dopo l'orrore: dieci anni fa la strage di Rosa e Olindo

Dieci anni fa la mattanza di Erba. Rosa e Olindo uccisero quattro vicini

Raffaella Castagna con il figlio Youssef

Raffaella Castagna con il figlio Youssef

Erba (Como), 11 dicembre 2016 - Il condominio color ocra di via Diaz al 25, la Ca’ del Giazz, grande come un falansterio. L’immensa corte della cascina ristrutturata dove stazionavano la Seat e il camper dei coniugi Romano.

Dieci anni dopo. L’11 dicembre del 2006 era un lunedì. In un appartamento era divampato un incendio. Accorsero i pompieri, trovarono quattro cadaveri: Raffaella Castagna, 30 anni, il figlio Youssef, 2 anni, la madre Paola Galli, 57 anni, la vicina di casa Valeria Cherubini, 55 anni. Il marito della Cherubini, Mario Frigerio, 63 anni, si salvò perché una malformazione congenita della carotide deviò il coltello dell’assassino che gli trapassava la gola. Massacrati con un coltellino e un grosso coltello e dai colpi alla testa sferrati con un corpo contundente, forse una spranga. La Cassazione ha definitivamente consegnato all’ergastolo Olindo Romano, netturbino, oggi 54 anni, e la moglie Rosa Bazzi, colf molto apprezzata dalle signore, i vicini del cortile, 53 anni. Una storia di liti condominiali sfociate in odio e di lì in strage, hanno stabilito i giudici. La strage di Erba.

Due uomini in tuta candida tinteggiano i locali che Rosa Bazzi teneva in ordine maniacale. All’inizio del 2011 è stato acquistato a un’asta del tribunale di Como da Alessandra Campanella, operatrice scolastica all’Itis. La sua offerta in busta chiusa, per 69mila euro, era l’unica nelle mani del giudice civile. Stupita, allora, di tanto interesse mediatico e desiderosa di rientrare al più presto nell’anonimato. Oggi decisa al silenzio: «L’anniversario? Prima erano cinque anni, adesso sono dieci. Basta. Basta». Ma la memoria, non solo quella dei cronisti, è lunga e tenace. Dalle scale scendeva una cascata di acqua mista a sangue. Il ballatoio. La rampa di scale salita da Valeria Cherubini, inseguita dal suo assassino, il tempo di entrare nella mansarda, rannicchiarsi accanto a una finestra, ricevere la morte. Mario, il marito, è scomparso tempo fa. Nella loro casa oggi abita una giovane coppia, proprietaria di un bar.

Carlo Castagna ha dato in comodato alla Caritas l’appartamento dove sono morti la moglie, la figlia, il nipotino. Da due anni ci vive una famiglia della Nuova Guinea. Aisha esce con i suoi tre bambini, sorriso fresco, inconsapevole di quanto accadde in quelle stanze. Tre anni fa è morto anche Pietro Ramon, l’anziano vicino di ballatoio di Raffaella. Non gli arrivò nulla. I problemi dell’udito e la cuffia che portava per ascoltare la televisione lo divisero dall’orrore. Nell’alloggio si sono trasferiti il figlio Lidio, dipendente comunale, e la moglie. «Questa vicenda - dice Lidio - mi ha lasciato dell’amarezza. Quella sera ho fatto scendere mio padre in ciabatte. L’ho tenuto con me per tre mesi, per fortuna avevo in casa una brandina. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto da solo. Mi sarei aspettato un appoggio, un po’ di aiuto. Dal punto di vista umano è stata una grande esperienza. Ho capito allora come l’uomo, in fondo, è cattivo».

Claudia Canali era scesa per depositare l’immondizia quando si alzarono le prime volute di fumo. Le avvistò Vittorio Ballabio, che scuoteva la tovaglia dal balcone di casa. Citofonò al vicino Glauco Bartesaghi, marito di Claudia, vigile del fuoco volontario. Mentre Ballabio chiamava il 115 dei Vf e prendeva un estintore, Bartesaghi salì al primo piano. Mario Frigerio era steso sul pianerottolo, il volto coperto di sangue e fumo ma vivo. Glauco entrò nell’appartamento, trascinò fuori il corpo straziato di Raffaella. Pensò al bambino, le fiamme lo respinsero. «Ogni volta - dice Claudia Canali - che esco dopo cena a posare la carta e la plastica penso che era un lunedì anche allora. Dopo dieci anni sono rimasti incredulità, amarezza. E anche un po’ di paura, quella che ti viene se pensi di avere un vicino di casa all’apparenza normale e poi scopri che invece è una persona delirante. Spero solo che Azouz non si faccia più né vedere né sentire. Ogni tanto tira fuori storie strane. Voi giornalisti non dategli retta».