Profughi al confine con la Svizzera, inferno alla Stazione San Giovanni

Nei giorni del Forum Ambrosetti non c'è stato un politico che ha trovato cinque minuti per fare visita ai disperati accampati nel parco: 'i sommersi e i salvati' come avrebbe detto Primo Levi

Profughi davanti alla Stazione San Giovanni di Como

Profughi davanti alla Stazione San Giovanni di Como

Como, 5 settembre 2016 - Il paradiso del Forum Ambrosetti, che per due giorni ha riunito il bel mondo economico e politico, e l’inferno della stazione San Giovanni, dove da oltre due mesi migliaia di profughi si sono avvicendati nella speranza di riuscire a raggiungere la Germania attraversando la Svizzera. Due mondi separati da una manciata di chilometri, «i sommersi e i salvati» avrebbe detto Primo Levi, mai così vicini eppure lontanissimi. Non c’è stato un politico che ha trovato cinque minuti per venire a far visita ai disperati somali ed eritrei accampati nel parco in fondo a viale Tokamachi, anche se la loro presenza ingombrante si è fatta sentire. «Como non sarà una nuova Ventimiglia», aveva assicurato venerdì il premier Matteo Renzi, prima di abbandonare Cernobbio per partire alla volta di

Hangzhou, dove si sta svolgendo il G20. «Gli immigrati a Como? Chiedetelo al ministro Alfano» gli ha risposto a stretto giro di posta il Governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ieri in visita sul lago prima di spostarsi al Gran Premio di Monza. Al centro della sua riflessione il nodo del centro di accoglienza in preparazione nell’area San Rocco, dove verranno ospitati 350 migranti poi da smistare negli hub della Penisola. «Il nuovo centro temporaneo - ha detto Maroni - è una cosa non prevista dalla legge e quindi non si deve fare, altrimenti si alimentano le speranze di chi viene qua sapendo che tanto nessuno verrà rimpatriato». Inaspettatamente Maroni ha citato un brano del discorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il mese scorso al Metting di Rimini di Comunione e Liberazione.

«Faccio mie le parole del presidente - ha proseguito Maroni - quando ha detto che “bisogna fermarli alla partenza, mettere sulle nostre coste cartelli con scritto divieto d’ingresso“. Proprio quello che il Governo non fa: non vanno fatti partire altrimenti quando arrivano si crea il caos. Vanno accolti quelli che o sono stati identificati oppure presentano la domanda di asilo o protezione internazionale. Nessuno di quelli che è a Como è in questa situazione, quindi stiamo parlando di persone che, legalmente, sono clandestini e questi devono essere messi nei Cie, i Centri di identificazione ed espulsione. È la legge Bossi-Fini a dirlo. Per essere identificati e poi espulsi. Se non ce ne sono a sufficienza se ne costruiscano di nuovi».

Nei giorni scorsi la Caritas di Como aveva lanciato un appello al premier Renzi per chiedere di semplificare le procedure di asilo, ma parallelamente rischiare i partner europei al loro dovere. «Finché il Brenno e Ventimiglia continueranno a rimanere blindati i profughi continueranno ad arrivare qui - spiega Roberto Bernasconi, direttore della Caritas comasca - Il fatto è che loro in Italia non ci vogliono rimanere, sono molto diffidenti anche rispetto all’accoglienza nei container». Il timore di somali ed eritrei è di rimanere bloccati per chissà quanto, in attesa che l’Italia riconosca loro lo status di profughi. Non è un caso che nell’ultima settimana in tanti hanno deciso di abbandonare la città, affidandosi ai passatori per entrare come clandestini in Svizzera. «Ne rimangono comunque più di trecento - concludono i volontari - troppi per non cercare una soluzione».