Emergenza profughi, le lacrime di padre Claudio: "Mi auguro di non vedervi più qui"

Padre Claudio: "Spero che possiate arrivare il prima possibile a quella che è la meta del vostro viaggio". Il vescovo prega con etiopi ed eritrei, elogi a Como dalle Città di Pace

I profughi entrano in Sant'Abbondio

I profughi entrano in Sant'Abbondio

Como,  31 agosto 2016 - Un invito alla fratellanza e alla misericordia quello che il vescovo di Como, monsignor Diego Coletti, ha rivolto ieri ai rappresentanti delle comunità eritrea a somala che ha voluto con sè a Sant’Abbondio. Così nell’antica basilica romanica oltre alle preghiere in italiano sono risuonate anche le invocazioni in inglese, amarico e tigrino, le lingue del Corno d’Africa parlate dai profughi che un paio di mesi, loro malgrado, sono bloccati nei giardini della stazione San Giovanni.

«Non voglio più vedervi qui - si è rivolto a loro con le lacrime agli occhi padre Claudio, un sacerdote comboniano che da settimane cerca di dare una mano ai migranti di viale Tokamachi - spero che possiate arrivare il prima possibile a quella che è la meta del vostro viaggio». Con loro ha pregato anche frate Teklom Berhane, cappellano della comunità Eritreo etiopica di Milano. «L’accoglienza dà senso alla vita degli uomini - ha spiegato il vescovo Diego Coletti - La situazione richiede a tutti, in modo particolare ai cristiani, di mettere in atto l’idea di fratellanza che in maniera astratta affermiamo, in qualcosa che abbia un risultato positivo e concreto». Aprirsi agli altri, ma senza ingenuità. 

«Perché a testa bassa e a occhi chiusi si creano le condizioni per la crescita di conflitti e contrapposizioni. L’esperienza dell’amore cristiano si nutre di intelligenza, gradualità e attenzione alle condizioni». Un invito quello di monsignor Coletti ad aprirsi, nell’anno del Giubileo, alla misericordia di Dio. «Anche se qualche parola può sembrare un poco “antica” - ha sottolineato - e ricercata, penso che si debba accettare con umiltà questa concreta verifica dello stile cristiano della nostra vita. Senza queste opere la vita cristiana inaridisce e si trasforma nella caricatura religiosa di un bisogno egoistico di “salvarsi l’anima”, usando qualche ingrediente magico o qualche esercizio ascetico».

In mattinata i profughi sono stati al centro di un incontro che si è tenuto a Palazzo Cernezzi tra i rappresentanti del Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace. Gli organizzatori della marcia che da Perugia arriva ad Assisi si sono complimentati con la città e i suoi abitanti per la straordinaria risposta che hanno saputo dare nelle scorse settimane. «Como ha dimostrato che è possibile rispondere al fenomeno migratorio senza ricorrere per forza a una risposta militare - ha spiegato il presidente del coordinamento, Andrea Ferrari - ma dando una risposta basata sul rispetto e la solidarietà. Certo questo problema così grande non può ricadere solo sui Comuni e la buona volontà dei cittadini. Occorre una risposta strutturata e coordinata dall’alto». Impossibile altrimenti rispondere in maniera efficace a un fenomeno con il quale saremo destinati a convivere, chissà per quanto ancora, anche negli anni a venire. 

«Basti dire che i problemi del Nord Africa sono tutt’altro che risolti - ha concluso Flavio Lotti, direttore del coordinamento - ma addirittura si sono aggravati. Dobbiamo smettere di parlare di emergenza. Nel mondo il fenomeno dei migranti e dei profughi è una realtà praticamente in ogni continente, spesso con numeri che sono ben più alti rispetto a quelli che abbiamo registrato in Europa. Occorre dare una risposta efficace e comprendere che queste persone non fuggono mai dalla loro terra a cuor leggero, ma nei nostri Paesi possono costruirsi un nuovo inizio e contribuire anche al nostro sviluppo. Solo quando comprenderemo che le migrazioni possono essere anche un’opportunità qualcosa cambierà sul serio».