Locate, intercettato dopo il delitto: "Ho fatto un casino, ho ammazzato una persona"

Nell'interrogatorio l'uomo accusato di aver ucciso Ermal Abdushi racconta gli attimi in cui è partito il colpo

Ermal Abdushi, la vittima

Ermal Abdushi, la vittima

Locate Varesino (Como), 3 gennaio 2016 - «Era come mio fratello, non volevo ucciderlo…». Davanti al sostituto procuratore di Como Pasquale Addesso, la notte di Capodanno Jasin Sulo, albanese di 31 anni, ha raccontato gli attimi in cui è partito dalla pistola che impugnava, il colpo che ha ucciso il suo connazionale e amico Ermal Abdushi, 26 anni di Vedano Olona. Erano entrambi nell’abitazione di Sulo, in via Colombo a Locate Varesino, al piano terreno di una villetta a due piani. Assieme a loro, c’erano il cugino della vittima, giunto un mese fa dall’Albania, la moglie di Sulo e due amici: Barjam Moriseni, 23 anni domiciliato a Locate, arrestato in flagranza di reato per detenzione di droga e porto illegale di arma in luogo pubblico, per essersi disfatto della pistola che ha ucciso Abdushi, gettandola in un campo a Mozzate e indagato per favoreggiamento. Infine un altro albanese di 29 anni domiciliato in Svizzera, denunciato per favoreggiamento per aver ripulito il sangue dall’appartamento dopo la fuga di Sulo. Quest’ultimo ha detto di aver acquistato la pistola, una Smith&Wesson rubata due giorni prima in un’abitazione di Alassio, da uno sconosciuto «per difendersi dai ladri». 

La sera del 30, verso le 19, la stava maneggiando mostrandola alla vittima: «credevo fosse scarica» ha dichiarato «ero tranquillo». Invece un proiettile c’era, e quando Sulo ha premuto il grilletto mentre puntava l’arma verso l’amico, è esploso, raggiungendolo al volto dall’alto in basso, e tranciandogli la carotide. Il ventiseienne è morto all’instante, nonostante Sulo e il cugino della vittima, abbiano fatto un tentativo di portarlo all’ospedale di Tradate, dove sono arrivati mezzora dopo. Lo hanno scaricato, poi Sulo ha detto che sarebbe andato a parcheggiare l’auto, salvo poi scappare. Ha chiamato la moglie, che lo ha raggiunto con un’altra auto e si sono diretti in Piemonte, a Casale Monferrato. Pochi decine di minuti dopo l’arrivo in ospedale, quando il cugino di Abdushi ha raccontato sommariamente cosa era accaduto, il telefono di Sulo era già intercettato, in tempo per sentire un telefonata in cui diceva: «Ho combinato un casino, ho sparato e ammazzato una persona». Sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio volontario, detenzione illegale di arma da sparo e ricettazione della stessa, il trentunenne è in attesa dell’interrogatorio di convalida da parte del gip. 

L'autopsia, eseguita il pomeriggio di Capodanno, dovrà fornire ulteriori dettagli delle modalità della morte di Abdushi, ma nel frattempo il magistrato ha ascoltato tutti i testimoni presenti al momento della morte del giovane, oltre ai vicini di casa che hanno sentito il colpo e visto il gruppo di tre albanesi allontanarsi velocemente da casa. Gli altri due erano rimasti all’interno dell’appartamento, a ripulire il sangue che i carabinieri del Reparto Investigativo di Como hanno fatto riemergere con il luminol, e a far sparire la pistola.