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di GIULIA BONEZZI
— MILANO —
UNA CATENA di ritardi, silenzi, comunicazioni che rimbalzano da un ente all’altro, ore perse prima di trovare un coordinamento. La macchina dei soccorsi che si muove troppo più lentamente dell’onda nera di oltre due milioni e mezzo di litri (stime di ieri) che scivola inesorabile lungo il Lambro, attraversa province, regioni, Prefetture e agenzie. Da Monza a Milano, a Lodi e Pavia, fino a Piacenza, dalla Lombardia all’Emilia Romagna, dal Lambro al Po. Ieri è stata la giornata delle accuse. Il leghista Davide Boni, assessore regionale al Territorio, punta il dito contro la Protezione civile nazionale, «l’unica grande assente che in un primo momento ha ignorato quanto stava avvenendo nella nostra regione». Però alla sala operativa regionale della Protezione civile l’informazione che in località San Rocco, vicino al depuratore di Monza, era successo qualcosa è arrivata all’alba delle 10.30 di martedì 23 febbraio. Vale a dire, circa sei ore dopo l’orario in cui si ritiene che sei dei sette serbatoi funzionanti dell’ex raffineria Lombarda Petroli di Villasanta abbiano iniziato a rovesciare gasolio e olii combustibili nel fiume. Sul posto c’erano già i tecnici dell’Arpa e i vigili urbani, i pompieri erano appena stati chiamati. E alla Protezione civile sarebbe stato detto che nel Lambro c’era «una macchia oleosa». Una macchia, non un’alluvione tossica.

ALLE 3.30, il servizio di vigilanza di Lombarda Petroli non aveva segnalato niente di strano intorno all’ex raffineria. Il ritardo decisivo è un buco di quattro ore che passano tra il momento in cui i serbatori iniziano a sversare idrocarburi nel Lambro (tra le 4 e le 5) e quello in cui l’Arpa lo viene a sapere: alle 8.30, contemporaneamente a BrianzAcque, che gestisce il depuratore di Monza intasato. Parte (tardi) la rincorsa alla marea nera diretta al Po. Alle 11.30 la Provincia di Milano chiede un coordinamento regionale, l’Arpa fa lo stesso. La perdita ai serbatoi viene sigillata intorno alle 12, confinando idrocarburi nell’impianto di depurazione (qui le operazioni di sbarramento terminano a sera). All’una si attiva il centro coordinamento soccorsi in Prefettura a Milano, un’ora dopo il centro operativo comunale negli uffici del depuratore di Monza, con Regione, Arpa, Vigili del fuoco, Comune, Provincia e Asl. Intanto, l’onda nera ha già superato Peschiera Borromeo. Viene inseguita, stoppata alla diga di Melegnano, si calano sbarramenti a San Zenone, Salerano, Castiraga, Chignolo Po. L’Arpa fa incetta di pompe petrolifere, le società di bonifica vengono precettate per rimuovere idrocarburi. S’informano Mantova, Cremona e Piacenza, l’Emilia Romagna, l’Aipo, agenzia interregionale per il Po, la Regione Veneto. Mercoledì il governatore chiede lo stato di emergenza. Ieri la Lombarda Petroli fa sapere che al momento dell’incidente nei suoi serbatoi c’erano circa 1.800 tonnellate di gasolio e 3.207 di olio combustibile. Cifre un po’ esigue rispetto alle prime stime dello sversamento, che parlano di almeno 4.000 tonnellate di sostanze finite nel Lambro. Il paziente sotto osservazione intanto è diventato il Po. L’unità di crisi nasce a Piacenza, arriva il capo della Protezione civile Guido Bertolaso e dice che la situazione «non gli pare irreparabile».