2010-01-30
di PAOLA PIOPPI
— COMO —
È UNA TARGA minuta e scura, che si scorge a pochi centimetri da terra lungo un vialetto de giardini a lago. C’è scritto solo il nome, Giorgio Perlasca, e alcune lettere in ebraico. Sintetica, forse troppo, nel racchiudere un significato che va ben oltre quel pezzo di marmo. Lo “Schindler italiano”, la cui notorietà si lega allo sceneggiato televisivo interpretato da Luca Zingaretti, esattamente domani avrebbe compiuto cento anni e, se ancora in vita, magari avrebbe scelto di festeggiarli nella sua città natale, a Como. Era nato qui, il 31 gennaio 1910. La sua storia è rimasta nascosta a lungo, e in buona parte alla sua stessa famiglia, con la quale non ha mai fatto mostra delle sue imprese, delle migliaia di vite salvate, dei grandi rischi corsi in prima persona per salvare gli ebrei dai massacri nazisti. A Budapest soprattutto, una delle città in cui viaggiava per lavoro: ancora oggi il suo volto è scolpito nel monumento che gli ha dedicato la città, il suo volto compare inciso nella lastra di marmo alle spalle della Sinagoga, la più grande d’Europa, tra i giusti che salvarono gli ebrei, a partire da Raoul Wallenberg.

È STATA la Fondazione a lui dedicata, voluta dal figlio Franco, a iniziare a far luce su una delle vite più sorprendenti del Novecento, diventato famoso nel 2002 quando, dieci anni dopo la sua morte, la Rai trasmette lo sceneggiato “Perlasca, un eroe italiano”. Fino ad allora le sue gesta non erano passate del tutto sotto silenzio, ma non se ne era parlato abbastanza. Enrico Deaglio nel ‘91 aveva raccontato la sua storia nel libro «La banalità del bene». Ungheria, Spagna e Israele lo avevano premiato per la sua attività, Washington lo aveva festeggiato ma l’assenza dell’Italia da questo elenco rimarrà il suo grande rammarico e dispiacere. Non ha mai fatto nulla per enfatizzare ciò che aveva fatto, ma in tanti sapevano: tra 1944 e 1945 a Budapest riuscì a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ungheresi di religione ebraica inventandosi un ruolo, quello di Console spagnolo, pur non essendo né diplomatico né spagnolo. A trascinarlo fuori dall’anonimato furono alcune donne ebree ungheresi da lui salvate, che alla fine degli anni Ottanta pubblicarono sul giornale della Comunità ebraica di Budapest un avviso di ricerca di un diplomatico spagnolo, Jorge Perlasca, che aveva salvato loro e tanti altri correligionari durante quei mesi della persecuzione nazista a Budapest: alla fine della ricerca ritrovarono un italiano di nome Giorgio Perlasca.

A COMO sono poche le tracce rimaste di lui, nonostante l’ormai indiscutibile notorietà del suo operato. Una decina di anni fa il figlio Franco, che stava portando a termine il progetto Fondazione, venne a Como per inaugurare il cippo dei giardini a lago, con l’intenzione di ricostruire i primi anni del padre a Como, e questa parentesi di storia della sua famiglia. Nel 2002 l’ex chiesa di San Francesco, ospitò la mostra fotografica “Perlasca. Il Silenzio del Giusto”, e lo scorso anno ad Anzano del Parco, gli è stata dedicata la nuova scuola primaria.