2009-10-14
di PAOLA PIOPPI
— TAVERNERIO —
NUOVE PISTE da prendere in considerazione, ipotesi che si rincorrono nell’arco della giornata, senza che una guadagni più importanza dell’altra. In questa fase iniziale e ancora molto indefinita delle indagini sull’omicidio di Antonio Di Giacomo, l’imprenditore di 46 anni trovato nel suo furgone sabato pomeriggio, quello che più conta è circoscrivere luogo e orario della morte. Gli investigatori della Squadra mobile della Questura di Como stanno rintracciando tutte le persone che sostengono di averlo visto venerdì pomeriggio per arrivare a circoscrivere spostamenti e orari delle sue ultime ore di vita. Quella sera non è rientrato a casa, a Colico, e la mattina successiva sono scattate le sue ricerche oltre alla denuncia di scomparsa, per ritrovarlo nel tardo pomeriggio ormai senza vita. È quasi certo che nel pomeriggio aveva raggiunto il Comasco, dove aveva alcuni contatti di lavoro, ed è plausibile che l’omicidio si avvenuto qui, anche se in un altro luogo rispetto al parcheggio in cui è stato ritrovato. Forse un garage o un luogo isolato, dal quale Di Giacomo è stato poi caricato sul suo mezzo di lavoro, chiuso in una sorta di bara improvvisata di cui si sta cercando di comprendere la provenienza - un armadio da giardino privato delle ante - e poi coperto nel vano posteriore del furgone, lasciato a poca distanza dalla casa del nipote.

IL SACCHETTO di plastica in testa ha impedito spargimenti di sangue, ed è facile pensare che siano state almeno due persone a ucciderlo, non fosse altro che per poter spostare poi il corpo fino sul furgone. Oggi, con l’autopsia, si potranno avere informazioni importanti per completare aspetti della ricostruzione del momento della morte: innanzitutto la certezza assoluta che quella lesione devastante alla tempia destra sia stata provocata da un’arma da fuoco, e in questo caso di quale calibro. Inoltre l’esame dovrebbe contribuire fortemente a circoscrivere l’ora della morte, e a accertare l’eventuale presenza di qualsiasi sostanza chimica presente nel sangue, dai farmaci ai narcotici fino alle sostanze stupefacenti. Un altro elemento osservato dal medico legale Giovanni Scola, sarà il sacchetto trovato avvolto attorno alla testa della vittima: ad un primo esame sembra che sia stata infilato prima di esplodere il colpo mortale, ma anche questo dettaglio dovrà essere confermato oggi. Intanto gli inquirenti stanno ricostruendo ogni minuto delle abitudini e delle giornate di Di Gennaro, da quando usciva di casa alla mattina fino a quando faceva rientro all’ora di cena: chi incontrava e dove, chi vedeva per lavoro e chi per amicizia o altri motivi, chi frequentava e cosa faceva al di fuori degli orari lavorativi, che interessi aveva e che locali frequentava. Per il momento da questo puzzle di informazioni sarebbero emersi tanti spunti degni di essere presi in considerazione ed eventualmente approfonditi, ma nessuna vera pista. Dagli aspetti economici alle frequentazioni, nulla che possa indirizzare le indagini verso qualcosa di fondato.

IN ALTRE PAROLE, anche alla Squadra Mobile ragionano in termini possibilistici a largo raggio, senza privilegiare né scartare nulla. Poche le certezze raggiunte finora: tra queste l’orario dell’ultima telefonata passata attraverso il cellulare di Di Gennaro, quella delle 13 di venerdì.