Incendio a San Fermo, comunità marocchina in protesta: "I bimbi dovevano essere salvati"

Una trentina di persone nel presidio davanti a Palazzo Cernezzi ricorda la tragedia dei quattro piccoli morti nel rogo appiccato dal padre

Il presidio davanti al Comune

Il presidio davanti al Comune

Como, 12 novembre 2017 - "La strage di Monte Olimpino non può essere archiviata come una tragedia individuale. Le sue implicazioni sono politiche, ci sono gravi interrogativi e responsabilità da parte di istituzioni che avevano il dovere di fare qualcosa e sono rimaste indifferenti di fronte al grido disperato di questo padre". Non ha dubbi  Daoudagh Abdelmajid, portavoce delle comunità marocchine della Lombardia, che ieri insieme a una trentina di connazionali provenienti da tutta la regione ha manifestato all’esterno di Palazzo Cernezzi. I bambini con un palloncino bianco in mano, per ricordare Siff, Saphiria, Soraya e Sophia, i loro genitori con un fiore bianco in mano o appuntato al bavero della giacca.

«L’immigrazione è sempre stata un valore aggiunto ovunque è stata, ma quando si muore per povertà e se sei un immigrato è una tragedia senza fine – spiega il portavoce delle comunità marocchine – Senza soldi, senza mezzi, tocca accogliere ed aprire il cuore agli ultimi, ai più deboli, a chi ha solo bisogno di cure e amore: questa è l’Italia che conosco. Questo è anche il nostro Paese, ma la coesione sociale è sempre più fragile: non ci sono scuse plausibili». Un j’accuse che chiama in causa direttamente i servizi sociali e l’intero Comune di Como. «Se ancora una volta il denaro e le norme non andranno nella direzione dei diritti costituzionali, della giustizia sociale e dell’uguaglianza vorrà dire che dolosamente la politica si renderà responsabile di una rottura sociale e istituzionale senza precedenti. Noi siamo comunque pronti a ogni scenario perché siamo abituati alla sofferenza, al combattimento. Noi lottiamo da sempre senza mai mollare, su tutti i fronti, nella consapevolezza che chi ostacola giustizia, uguaglianza e solidarietà sarà rimosso con le armi della democrazia: il voto per un altro mondo». 

Da qui  la richiesta al sindaco, Mario Landriscina, di fare chiarezza sull’accaduto al più presto. «Siamo disponibili a incontrare il sindaco di Como – conclude Daoudagh Abdelmajid – con questo presidio abbiamo voluto esprimere le nostre condoglianze ed essere solidali con la comunità di Como.  Le bambine e i bambini di tutto il mondo hanno la stessa dignità sociale, sono la cosa più preziosa che Dio ha creato. Dove c’è un fanciullo ci devono essere anche tutela e protezione, questo deve andare al di là di tutte le collocazioni politiche e gli interessi di partito». Una posizione che rischia di alimentare nuove polemiche su una vicenda che ha già provocato parecchie divisioni in città. Non c’è niente da chiarire invece per la Procura di Como che dopo aver acquisito informazioni sull’accaduto, nei giorni immediatamente successivi alla strage, non ha ritenuto di aprire nessuna inchiesta non ravvisando alcun tipo di responsabilità da parte degli assistenti sociali che in questi anni, a vario titolo, hanno seguito la famiglia.