Finta morte per frodare l'assicurazione: ancora una condanna

Condannata a quattro anni anche la madre del beneficiario della polizza

La donna è stata condannata a quattro anni

La donna è stata condannata a quattro anni

Como, 22 ottobre 2016 - Un riciclaggio di 350mila euro incassati grazie a una truffa a Poste Vita, per il quale Felicia Russo, 65 anni di Como, è stata condannata a 4 anni di carcere dal Tribunale Collegiale di Como. L’imputata era l’unica rimasta a dibattimento per una vicenda che coinvolgeva anche suo figlio, Lorenzo Macchi, 26 anni di Como, condannato con rito abbreviato a 4 anni e 8 mesi di carcere, e Francesco Lima, comasco di 56 anni, che aveva patteggiato 3 anni.

Quest’ultimo era il «finto morto» della truffa a quattro assicurazioni italiane, organizzata tra gennaio e marzo 2012 in Sud America, a Santo Domingo, nella quale la Russo era accusata del solo riciclaggio del denaro dell’unico premio assicurativo incassato, quello appunto a Poste Vita, che si è costituita parte civile ottenendo dal Tribunale il riconoscimento di un risarcimento da 380mila euro. Le indagini, condotte dal sostituto procuratore Antonio Nalesso – che per la donna ha chiesto una condanna a 6 anni di carcere - avevano ricostruito tutto il sistema messo a punto da Macchi e Lima, facendo stipulare a quest’ultimo quattro polizze assicurative: Genertel, con un premio da 600mila euro in caso di morte, Zurich per 820mila euro, Vittoria Assicurazioni per un milione e Poste Vita per 350mila, quest’ultima unica da essere stata incassata. In tutti i contratti, Macchi figurava beneficiario in caso di morte del coimputato. 

Poche settimane dopo la stipula delle assicurazioni, Lima è stato dichiarato morto in un incidente stradale avvenuto a Santo Domingo. Erano stati prodotti all’ambasciata italiana tutti i documenti che attestavano il decesso, la ricostruzione dell’incidente e il certificato di morte. L’ambasciata aveva trasmesso all’anagrafe di Como, che aveva provveduto a cancellarlo dagli elenchi. In realtà, Lima era rientrato in Italia con documenti falsi. A quel punto Macchi aveva proceduto con la riscossione dei premi assicurativi, ma solo Poste Vita aveva pagato. Di quei 350mila euro, mai più recuperati, sarebbero però stati ricostruiti i passaggi da un conto italiano intestato a Macchi e alla madre, a uno svizzero della sola Russo, da cui il denaro era sparito il giorno stesso dell’accredito