Como, potrebbe aprire a due passi dal confine un centro per la "dolce" morte

La richiesta è al vaglio degli uffici della cittadina elvetica che dovranno dare una risposta entro le prossime settimane

A Chiasso

A Chiasso

Como, 23 febbraio 2017 - Tempo pochi mesi e un centro per la «dolce morte», l’eutanasia, potrebbe sorgere a Chiasso, a neppure cinquecento metri dal confine. La richiesta è al vaglio degli uffici della cittadina elvetica che dovranno dare una risposta entro le prossime settimane. Si sta ragionando sull’idoneità della struttura, che si trova vicino a una pompa di benzina e a un centro massaggi, ma non dovrebbero esserci particolari pregiudiziali o peggio pregiudizi, come quelli che qualche mese avevano spinto il borgomastro di Melano a negare il permesso.

Chiasso è una cittadina di quasi ottomila abitanti di mentalità decisamente più aperta, ma anche qui il tema del suicidio assistito è un campo minato. Lo sanno bene i membri della società Ll Exit che nei giorni scorsi si sono visti imporre la sospensione di ogni attività dal municipio della cittadina svizzera, per aver praticato la dolce morte senza la dovuta licenza edilizia. In questo caso ad aver avanzato l’istanza è l’Associazione Carpe Diem presente in tutta la Confederazione Elvetica con migliaia di associati e centinaia di persone, svizzere e straniere, che sono state accompagnate negli ultimi momenti della loro vita. Tra di loro ci sono anche molti italiani, almeno i due terzi dei 51 pazienti che nel 2016 hanno scelto il Canton Ticino per ricevere la pratica della «buona morte».

Nella maggior parte dei casi si tratta di malati terminali di cancro oppure persone affette da malattie degenerative, siccome in Italia l’eutanasia è proibita nel timore di venire sottoposti a cure invasive e senza speranza preferiscono varcare il confine e pagare, dai 10 ai 13mila euro per farla finita. Il loro numero è triplicato negli ultimi tre anni, anche occorre considerare che morire in Svizzera è perfettamente legale, ma per nulla semplice. 

Anzitutto deve essere il malato da solo a compiere la pratica che lo porterà alla morte, ma per farlo oltre che in grado di compiere materialmente l’atto deve comprenderlo in ogni sua implicazione. Per questo ogni suicidio assistito viene vagliato da un’equipe di psicologi e medici. Inoltre la legge elvetica prevede che l’eutanasia non possa essere una pratica a fini di lucro, i soldi spesi servono a finanziare l’attività dell’associazione e pagare il lavoro di medici, infermieri e consulenti. Una volta superati tutti i test e i colloqui, che possono proseguire anche settimane e mesi, al paziente viene dato il permesso di morire, solitamente assumendo una pillola.