Giallo a Cernobbio, dal lago riemergono resti umani: trovati un teschio e un femore

Individuati da alcuni sommozzatori. Affidati ora a un antropologo

Il recupero dei resti

Il recupero dei resti

Cernobbio (Como), 20 maggio 2016 - Sono stati avvistati da alcuni sub di Verbania che stavano svolgendo un’immersione nel lago, davanti a Cernobbio. Due ossa umane, abbastanza riconoscibili da far scattare l’allarme. Così nel primissimo pomeriggio di ieri, nelle acque di fronte a Villa Pizzi, sono iniziate le operazioni di individuazione e recupero di quei due reperti. Da Genova sono arrivati i sommozzatori del Carabinieri, che si sono immersi fino a trovare il punto esatto indicato dai sub. Poco dopo, in superficie sono stati portati un femore e la parte di un teschio, indubbiamente umani.

Per il momento non si sa niente altro, nemmeno una possibile datazione, anche se la prima impressione è che possano risalire a parecchi anni fa. Per avere le prime risposte, occorrerà aspettare qualche settimana, il tempo di affidare un incarico a un antropologo, o un medico legale esperto di analisi di ossa, e sperare di saperne qualcosa in più. Incarichi che saranno affidati dal magistrato di turno della Procura di Como, Pasquale Addesso, almeno per avere un’idea della datazione di quei reperti, per quanto lo possa permettere il loro stato di conservazione. 

Quel tratto è ricordato, storicamente, come un luogo nel quale in epoca immediatamente post bellica è finito in acqua di tutto, non ultimi corpi di persone. Tuttavia è da capire qual è la velocità di consunzione delle ossa immerse nell’acqua dolce, e a quale tempo massimo posa risalire un reperto umano sottoposto all’aggressione costante dell’ambiente naturale. Atre informazioni che potrebbero arrivare a un’analisi esperta, sono l’età della persona a cui appartenevano, e se uomo o donna, ma questo solo se le parti recuperate, conservano ancora parti che possano essere indicativi da questo punto di vista. Non è il primo ritrovamento di ossa che avviene nel lago: il più clamoroso era stato il teschio di una donna di origine africana, riemerso sulla sponda lecchese del Lario, e mai identificata. L’esame aveva rivelato che era stata depezzata, vale a dire decapitata, e che quindi si trattava quasi certamente di un omicidio, ma il resto del corpo non era mai stato ritrovato. Stessa sorte dei reperti appartenenti a un’altra donna di colore, trovati nei boschi di Cernobbio nel 2012.