Guanzate, delitto Albanese: confermati tre ergastoli in Appello

Massimo della pena a Luciano Nocera, Francesco Virgato e Andrea Internicola

La buca dov'è stato rinvenuto il cadavere di Albanese

La buca dov'è stato rinvenuto il cadavere di Albanese

Guanzate (Como), 19 ottobre 2016 - Ergastoli confermati in Appello per l’omicidio di Ernesto Albanese, avvenuto a Guanzate nella notte tra l’8 e il 9 giugno 2014, il cui corpo venne ritrovato solo a ottobre, seppellito nel giardino di una casa in ristrutturazione.

Il massimo della pena è stato confermato per Luciano Nocera, 47 anni di Lurate Caccivio, Francesco Virgato, 44 anni di Appiano Gentile, e Andrea Internicola, 46 anni domiciliato a Guanzate, difesi rispettivamente dagli avvocati Alessandra Silvestri, Eliana Zecca e Livia Zanetti. Erano tutti accusati, a vario titolo e con diversi ruoli, dell’omicidio di Albanese, prelevato da casa, portato in un bosco e ripetutamente accoltellato. I giudici milanesi hanno invece riformato la pena dei due coimputati, lasciando invariate le accuse: Filippo Internicola, 43 anni di Lurago Marinone, fratello di Andrea – da 5 anni e 4 mesi iniziali a 4 anni e 8 mesi - difeso da Annalisa Abate, e Silvano Melillo, 56 anni di Fino Mornasco – da 5 anni a 4 anni e 4 mesi - avvocato Daniela Danieli.

Rispondevano del solo occultamento del cadavere, avvenuto nel giardino di un immobile di Guanzate, dove fu scavata la buca: la stessa individuata ipotizzato, dalla Squadra Mobile di Como quattro mesi dopo, quando venne ritrovato il corpo, ormai mummificato, di Albanese. La sentenza di Appello ha quindi sostanzialmente confermato le condanne di primo grado, chieste e ottenute dal pubblico ministero Massimo Astori, durante il processo che si era svolto con rito abbreviato a Como a settembre dello scorso anno. Non ha presentato appello un sesto imputato, Rodolfo Locatelli, 40 anni di Guanzate, che era stato condannato a 20 anni di carcere: aveva collaborato alle indagini in modo significativo, ottenendo così un grosso sconto di pena, e inoltre, tra gli imputati di omicidio in concorso, era l’unico a non aver contestata la premeditazione. Ad oggi, rimane fortemente ipotizzato, ma mai ammesso da nessun imputato, il movente che ha scatenato il delitto: sarebbe infatti stato un ordine impartito da Nocera nei confronti di Albanese, suo ex braccio destro in una serie di attività, tra cui lo spaccio di stupefacenti, che aveva iniziato a minacciarlo anche pubblicamente.