Mozzate (Como),15 marzo 2014 - L'analisi del pc di Monica Sanchi potrebbe spiegare una serie di cose, strategiche per le indagini sull’omicidio di Lidia Nusdorfi. Il sequestro è stato fatto mercoledì dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Como, che sono andati a Rimini a interrogare la donna, su delega del sostituto procuratore Simone Pizzotti.

A portare gli inquirenti fino al suo computer, è stato uno scambio di messaggi tra lei e Silvio Mannina, trentenne originario di Castano Primo e domiciliato, in questi ultimi tempi, in un centro di accoglienza di Bologna, sparito dal giorno precedente l’omicidio. Il suo profilo Facebook, che gli era stato aperto dalla sorella Simona a ottobre, e al quale lei poteva ancora accedere, ha infatti rivelato che aveva avuto una serie di contatti con il profilo di Monica Sanchi, attuale compagna di Dritan Demiraj, il pasticcere di 28 anni, a sua volta ex compagno della vittima, reo confesso dell’omicidio.

I due si scambiavano effusioni da alcuni giorni, dopo che Mannina, tra dicembre e metà febbraio, aveva avuto una relazione con la Nusdorfi: «Lei era a Mozzate e lui a Bologna — ha spiegato la sorella Simona, che vive a Castano Primo — non riuscivano mai a vedersi, e per questo si sono lasciati». Subito dopo questo allontanamento, sarebbe subentrata Monica, con al quale probabilmente Mannina non si è mai incontrato.

Infatti la Sanchi nega di averlo conosciuto, e di aver avuto con lui un qualsiasi contatto: agli inquirenti, ha però spiegato che le password di accesso al suo profilo, le aveva anche Dritan, che voleva controllare con chi aveva a che fare. Ora, quello stesso pc, potrà rivelare se ci sono stati accessi da altri ip, ma anche chi e da dove entrava nel suo profilo.

Accertamenti finalizzati a verificare le dichiarazioni della donna, ma anche a ricostruire i numerosi aspetti mancanti di questa vicenda. L’ultimo messaggio postato da Mannina il 28 febbraio, annunciava il suo arrivo a Rimini per incontrare la donna con cui si scriveva da giorni: cosa gli sia accaduto da quel momento, non è ancora stato scoperto.

L’altro fronte di accertamenti, riguarda il telefono da cui è stato mandato il messaggio – o i messaggi – che hanno spinto Lidia Nusdorfi ad andare alla stazione di Mozzate sabato 1° marzo. Lei, come è stato accertato fin da subito, era convinta di doversi incontrare con Mannina, ma chi sia riuscito a darle quell’appuntamento, e in che modo, è ancora da chiarire.

Assieme a Mannina, è sparito anche il telefono, che risulta muto almeno dal giorno dell’omicidio: «L’ho chiamato quella stessa sera — dice la sorella Simona — quando ho visto sul televideo la notizia della morte di Lidia. Nei giorni successivi lo ha cercato anche mia madre, con lo steso esito. Inoltre, in tutti questi giorni, non si è nemmeno fatto sentire con la sua bambina, e questo è un pessimo segnale, perché non si sarebbe mai allontanato da lei. Temo che gli sia successo qualcosa, non posso fare a meno di pensare al peggio».