Mozzate (Como), 5 marzo 2014 - Lidia non ha fatto nemmeno in tempo a vederlo. Convinta di andare all’appuntamento con un’altra persona, l’uomo con cui aveva avuto una relazione in queste ultime settimane. Avrebbe organizzato tutto da solo Dritan Demiraj, il suo ex convivente e padre del suo secondo figlio, ma pronto fin da subito ad accogliere in casa anche il più grande, e a tenerlo con sé quando Lidia se ne è andata, il 13 luglio dello scorso anno. Sabato sera, poco prima delle 19.30, le è andato incontro nel sottopassaggio pedonale della stazione, e l’ha colpita al petto improvvisamente, poi al collo. L’autopsia, il cui incarico sarà affidato domani al medico legale Giovanni Scola dal sostituto procuratore Simone Pizzotti, stabilirà se i colpi sono stati più di due, oltre a una serie di altri particolari per capire fino in fondo come è morta la donna, a soli 35 anni. Dritan è poi tornato velocemente in auto, il volto coperto dall’ombrello mentre passava sotto alle telecamere.

Con lui c’era una donna riminese di 36 anni con la quale stava avendo una relazione, ma anche qualcun altro. Alcuni testimoni avrebbero notato l’auto con più di due persone, ma la stessa amica di Dritan, nel riferire ai carabinieri domenica pomeriggio di averlo accompagnato durante quel viaggio andata e ritorno da Mozzate, ha detto che in auto con loro c’era anche qualcun altro. Un amico di Demiraj, forse albanese. Non si sa chi possa essere, andato e tornato con loro e rimasto in auto nel parcheggio di Mozzate: la trentaseienne ha detto di non essersi accorta di nulla, di non aver notato se gli abiti erano sporchi o puliti. Nulla. La posizione dell’amico è molto meno chiara: non si sa se fosse consapevole, se possa aver capito qualcosa. Dritan, di queste altre due persone in auto, non ha detto nulla. Forse oggi, interrogato dal gip di Rimini su rogatoria, potrebbe decidere di aggiungere qualcosa. Durante la sua confessione di domenica notte, ha raccontato soprattutto del rapporto con Lidia, del suo abbandono di luglio, quando era andato in spiaggia con i due bambini e aveva trovato la casa vuota.

Del rancore maturato per mesi, aumentato ogni volta che le chiedeva di tornare a casa e lei rifiutava. Fino a Natale, quando la donna aveva passato una settimana con lui e i bambini a Rimini. Per l’ultima volta, aveva sperato che potesse cambiare idea, desiderare di tornare a vivere con i suoi figli, ma lei non gli aveva lasciato speranza. Aveva conosciuto un uomo, stava per iniziare una nuova storia, durata per settimane. Potrebbe essere stato questo il nome dell’uomo usato da Dritan per convincerla ad andare all’appuntamento in stazione. I carabinieri stanno sviluppando le informazioni contenute nei telefoni cellulari di entrambi. Da dieci giorni, non risultavano contatti di nessun genere tra Lidia e l’ex compagno, nessuna telefonata né messaggio.

L’ipotesi è che l’uomo possa aver usato un’utenza diversa e sconosciuta, spacciandosi per l’uomo con cui era uscita negli ultimi tempi. Non si sa in che modo sia riuscita a convincerla: certamente non chiamandola, ma forse attraverso sms o messaggi whatsapp, un sistema di messaggistica installato sul telefono che Lidia usava spesso. I dettagli da ricostruire in questa indagine rimangono molti. Non ultimo, il recupero del coltello usato per l’omicidio. Demiraj sostiene di averlo gettato dal finestrino poco dopo aver lasciato la stazione, in corrispondenza delle seconda rotonda incrociata. La sua amica dice non averlo notato gettare nulla fuori dall’auto, e i carabinieri non lo hanno ancora trovato, passando al setaccio tutte le rotonde di Mozzate.