Mozzate (Como), 3 marzo 2014 - Telecamere di sicurezza della stazione ferroviaria, via vai di gente tra parcheggio e treno, dipendenti delle ferrovie. Ma niente di tutto questo è bastato a salvare la vita di Lidia Nusdorfi, la donna di 35 anni colpita con un paio di coltellate sabato sera, nel passaggio che sfila accanto alla stazione delle Nord di Mozzate. Pochi metri di un corridoio buio e la pioggia, hanno consentito all’uomo che l’ha aggredita di scappare senza essere bloccato da nessuno, lasciando che la donna morisse in pochissimi minuti.

Il passaggio ferroviario, così come ogni luogo che ruota attorno alle stazioni, si è rivelato per l’ennesima volta un luogo di facile aggressione per una donna, come già avvenuto per tantissimi casi precedenti – non solo nel Comasco – sfociati in rapine, aggressioni sessuali o episodi anche più gravi. Circostanze che, negli ultimi anni, si sono ripetute a Rovello Porro, Lomazzo (dove la vittima di violenza era stata una ragazzina di 16 anni), ma anche a Como San Giovanni un anno fa. Nonostante i tentativi di monitoraggio e presidio delle forze di polizia, le stazioni e i treni rimangono luoghi privilegiati di aggressioni di ogni natura. Spesso da parte di sconosciuti, ma non solo. Rapine ripetute, anche per pochi euro o per un piccolo oggetto di valore. Coltelli e taglierini usati per minacciare, carrozze che rimangono prive di presidio quel tanto che basta per un’incursione di pochi attimi. In questo caso, la vittima conosceva chi l’ha aggredita e uccisa, ma lo stesso l’incontro in un luogo pubblico, non è servito a metterla al sicuro.

«Ci sono telecamere tutte intorno - spiega Carlo Covini, capostazione di Mozzate tra i primi a cercare di prestare aiuto alla vittima, e che ha chiamato i soccorsi - . Sono tutte in funzione. L’aggressione è avvenuta nel passaggio che sbuca vicino ai binari. É venuto a chiamarmi un uomo straniero, diceva che c’era una donna insanguinata nel passaggio». «Sono sceso e all’inizio non ho visto niente, pensavo che mi avessero preso in giro. Poi l’ho vista a terra, con la testa reclinata e gli occhi sbarrati, non respirava e aveva sangue ovunque. Sono corso a chiamare i 118, abbiamo impiegato pochissimi minuti». Ma per lei sono stati troppi. «Non l’avevo mai vista non era tra le persone che prendono spesso il treno».

di Paola Pioppi