Gera Lario (Como), 18 gennaio 2014 - Tra le mani dei carabinieri, sono finiti alcuni proiettili calibro 22, lo stesso che ha ucciso Alfredo Sandrini la sera del 3 gennaio scorso. Tuttavia, a un accertamento immediato, non sono risultati compatibili con quelli esplosi dall’arma che ha sparato contro il quarantenne di Sorico, ma nel frattempo l’uomo, 35 anni di Domaso, è stato denunciato per il possesso illegale di quelle munizioni, essendo risultato sprovvisto di porto d’armi. A lui i militari di Menaggio, che stanno indagando sull’omicidio coordinati dal sostituto procuratore di Como Mariano Fadda, sono arrivati esaminando le telefonate e gli sms ricevuti dalla vittima pochi minuti prima dell’agguato. 

Cinque o sei chiamate, e un sms con cui l’uomo chiedeva di vedere Sandrini. Un appuntamento tra i due che non è ancora stato chiarito se effettivamente sia avvenuto, ma sul quale il trentacinquenne è stato più volte sentito. Nel frattempo, i militari hanno fatto una serie di accertamenti su di lui, compresa una perquisizione nella sua abitazione – atto dovuto nell’economia di tutte le ipotesi da prendere in considerazione – durante il quale sono stati trovati i proiettili. 

Nonostante il calibro fosse compatibile con quello della pistola utilizzata dall’omicida, che ha ripetutamente sparato alle spalle di Sandrini, il tipo di munizione è subito apparso differente, e quindi non compatibile con ciò che i carabinieri stanno cercando da quindici giorni. Al momento, nessuno risulta iscritto sul registro degli indagati, ma gli inquirenti stanno comunque procedendo a una serie di verifiche, anche di comparazione, tra ciò che è stato raccolto durante i rilievi e una serie di circostanze e soggetti entrati a vario titolo nelle indagini. Accertamenti che vengono fatti anche al solo scopo di escludere, e quindi di sgombrare il campo da ciò che certamente non è utile a capire cosa sia accaduto. O<WC1>ra le analisi si stanno concentrando su reperti trovati nel punto in cui si ritiene sia stato ucciso Sandrini.

Un tratto della ciclabile che si colloca a circa trecento metri dal suo inizio, quando parte dalla statale Regina, nei pressi di un piccolo ponte. Qui i carabinieri hanno trovato una serie di reperti ritenuti interessanti, tra cui fazzoletti di carta, mozziconi di sigaretta e altri oggetti simili, rigorosamente prelevati allo scopo di analizzare il dna, e compararlo con eventuali soggetti che potrebbero essere sospettati di essere stati in quel luogo la sera dell’omicidio. Di fatto, ormai le indagini si sono concentrate sulle eventuali tracce lasciate a terra da chi ha sparato quei colpi, quattro in tutto, di cui due andati a segno alle spalle di Sandrini, uno dei quali mortale.L’uomo, con la sua bicicletta, era riuscito a pedalare per ottocento metri, fermandosi a chiedere aiuti a un amico, al quale aveva telefonato, senza però riuscire a parlare, fino a raggiungere poi il punto in cui è stramazzato, in via Case Sparse, e dove lo ha soccorso il 118. Da quel momento, era sopravvissuto un paio d’ore, senza però raccontare nulla di quello che gli era successo.