Merate (lecco), 30 novembre 2013 - Lotta contro la morte in un letto di rianimazione. A ridurlo in fin di vita è stata la febbre gialla. Fortunatamente i medici si sono accorti della grave patologia prima che la situazione degenerasse ulteriormente e le cure a cui è sottoposto sembra stiano sortendo effetto, ma il paziente versa ancora in prognosi riservata. Ad aver contratto la malaria nella sua forma peggiore e più pericolosa è stato un 66enne di Erba, di ritorno da un safari fotografico in Uganda a metà di questo mese. A quanto sembra non si sarebbe sottoposto all’apposita profilassi proprio per scongiurare un simile rischio. Ha cominciato a sentirsi male martedì, poco dopo il suo rientro in Italia. Inizialmente ha bussato alle porte dei medici del pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli, al suo paese, da qui lo hanno dirottato immediatamente dai colleghi del reparto di malattie infettive dell’Alessadro Manzoni di Lecco.

Il suo quadro clinico tuttavia è rapidamente peggiorato e mercoledì è stato deciso il trasferimento d’urgenza nella terapia intensiva del San Leopoldo Mandic di Merate, dove è stato accompagnato in ambulanza in una corsa disperata contro il tempo. Parrebbe che le sue condizioni siano stazionarie, anzi in lieve miglioramento, ma i camici bianchi che si occupano di lui costantemente non lo hanno ancora dichiarato fuori pericolo e lo tengono sotto stretta osservazione. «Le crisi acute possono veramente uccidere - spiega Gedeone Baraldo, direttore sanitario della struttura meratese -. Purtroppo è già accaduto in un passato recente. Occorre capire subito la malattia e intervenire il più rapidamente possibile per arginarla».

La malaria è una parassitosi trasmessa da alcuni tipi di zanzara. I protozoi sostanzialmente invadono i globuli rossi dove si riproducono rapidamente, distruggendo le cellule, provocando un’anemia ma scatenando anche altre complicanze letali, come edemi polmonari, insufficienza renale e ipotermia con febbre sino a 42 gradi. In Italia la febbre gialla è stata debellata, ma la globalizzazione e i viaggi all’estero nei paesi a rischio stanno provocando un aumento dei casi, anche in provincia di Lecco, dove se ne contano una ventina all’anno, gli ultimi solo a settembre.