di Gabriele Moroni

Erba, 28 novembre 2013 - Quel personaggio misterioso sulla scena della strage di Erba. Un fantasma più volte evocato, citato nelle aule di giustizia, sempre sfuggente. Azouz Marzouk, marito, padre e genero di tre delle quattro vittime, aveva fornito le prime dritte per risalire a lui. Adesso c’è la prova che esiste. È stato individuato, localizzato. Luca D’Auria, avvocato di Azouz, lo ha incontrato a Tunisi. Si chiama Ben Brahim Chemcoum e a seconda degli alias anche Bel Ali Charoun o Ben Braham Chhchoeb. In due occasioni ha riferito ai carabinieri di Erba dei suoi strani incontri la sera dell’11 dicembre 2006, mentre si consumava il massacro di Raffaella Castagna, del suo piccolo Youssef, della madre di Raffaella, Paola Galli, della vicina di casa Valeria Cherubini. Solo Mario Frigerio, marito della Cherubini, si era salvato perché una malformazione alla carotide aveva deviato il coltello dell’assassino. L’ex netturbino Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi sono all’ergastolo come responsabili della mattanza.

È il pomeriggio del 16 dicembre. Da cinque giorni l’Italia inorridisce per l’eccidio, chiede informazioni e giustizia per le vittime. Chemcoum è in caserma. Non dovrebbe avere molta familiarità con i carabinieri. Senza fissa dimora, nazionalità fluttuante, vagabonda da una città all’altra. È incappato in reati di rissa, ricettazione e altro. Risulta colpito da espulsione. Viene identificato grazie all’Afis, la banca dati delle impronte digitali. Racconta che attorno alle 20 ha notato davanti al condominio di via Diaz due o più persone all’apparenza italiane, ferme a parlare vicino un’auto bianca che gli è parsa Fiat Tipo bianca, iniziali della targa AX, e a una vettura rossa targata Milano. Ha colto due parole, «lascia stare», in italiano.

Nove giorni più tardi è Natale. Alle 18 Chemcoum si ripresenta in caserma. Dichiara di essere nativo della Tunisia. Fa un racconto più dettagliato e inquietante. Descrive un’auto e accanto un furgone bianco con a bordo almeno due uomini. Gli è arrivata la parola «benzina». Pochi minuti dopo sono echeggiate dal caseggiato le grida di un uomo, «Assassino, Aiutatemi». Chemcoum si è arrestato. Lo ha sfiorato un uomo massiccio, cappotto chiuso fino alle ginocchia, berretto scuro. Gli ha indirizzato un «buonasera» in italiano, accompagnato da una specie di ghigno, prima di affrettarsi verso il furgone da dove gli era stato indirizzato un richiamo in lingua tunisina: «Aia». Tradotto «Vieni subito».

Chemcoum è credibile? Le sue parole sono tutte da verificare. «Dovrà - dice l’avvocato D’Auria - essere sentito secondo le regole del codice e quindi attraverso le vie diplomatiche. Se risultasse affidabile, potrebbe essere utile ai fini della revisione del processo». Una revisione alla quale i difensori dei Romano (Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola) non smettono di lavorare.

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