Erba, 22 settembre 2013 - «So Da Azouz che Chemcoum è a Tunisi o nelle vicinanze. Azouz mi ha riferito di avere informazioni dirette in questo senso. Adesso si tratta di rintracciarlo». Lo dice Luca D’Auria, avvocato e legale di Azouz Marzouk, vedovo e padre di una delle vittime della strage di Erba, la sera dell’11 dicembre 2006. C’è un fantasma sulla scena di quel massacro, tante volte evocato, citato ai processi, mai più comparso. Vero nome Ben Brahim Chemcoun e a seconda degli alias anche Ben Ali Charoun o Ben Braham Chhchoeb, senza fissa dimora e vagabondo da una città all’altra, nazionalità fluttuante. In due occasioni ha raccontato ai carabinieri di Erba dei suoi strani incontri di quella sera. Poi si è dissolto. Si delinea ora una fragile pista per trovarlo. Intanto, l’ex netturbino Olindo Romano e la moglie Rosa Bazzi sono all’ergastolo come autori del massacro.

E’il pomeriggio del 16 dicembre. Chemcoum è nella caserma di Erba. Da cinque giorni in Italia si parla solo di Raffaella Castagna, del suo piccolo Youssef, della madre di Raffaella, Paola Galli, della vicina di casa Valeria Cherubini, uccisi, sgozzati, massacrati. Il marito di Valeria, Mario Frigerio, si è salvato perché una malformazione alla carotide ha deviato il coltello dell’assassino. Azouz, marito di Raffaella e padre di Youssef, era in Tunisia. Chemcoum non dovrebbe avere molta familiarità con i carabinieri. E’ stato espulso. E’ incappato in reati di rissa, ricettazione e altro. Viene identificato grazie all’Afis, la banca dati delle impronte digitali. Racconta che la sera dell’11 dicembre, attorno alle 20, ha notato davanti al condominio di via Diaz due o più persone all’apparenza italiane, ferme a parlare davanti a due autovetture, una bianca che gli è parsa una Fiat Tipo, iniziali della targa AX, e una rossa targata Milano. Ha colto una frase, «lascia stare», in italiano.

Nove giorni più tardi è Natale. Alle 18 Chemcoum è di nuovo in caserma. Il nuovo racconto è più circostanziato e inquietante. Descrive un’auto e accanto un furgone bianco con a bordo almeno due uomini. Gli è giunta la parola «benzina». Pochi minuti, pochi metri fino alla fontanella di piazza del Mercato. Dal caseggiato della strage sono arrivate le grida di un uomo, «Assassino» e «Aiutatemi». Chemcoum si è arrestato. Gli è passato di fronte un uomo robusto, berretto e cappotto. Lo sconosciuto gli ha indirizzato un «buonasera», accompagnato da una specie di ghigno, prima di dirigersi verso il furgone da dove era venuto come un richiamo: «Aia fisa». In tunisino «Vieni subito».

gabriele.moroni@ilgiorno.net