Como, 24 agosto 2013 - Anche la fantasia ha le sue classifiche e mostri ed eroi non sfuggono alla regola. C’è Nessie a Loch Ness in Scozia che milita di sicuro in serie A, per bravura degli abitanti che della zona che hanno trasformato la leggenda del mostro del lago in un vero e proprio business, capace di attirare ogni anno milioni di visitatori da tutto il mondo. Anche il Lario ha il suo mostro, in formato ridotto, il Lariosauro relegato tra le curiosità e gli studi della criptozoologia, quella branchia della zoologia che studia gli animali misteriosi e sconosciuti.

A restituirgli un po’ di fama ci ha pensato, in questi giorni, Carlo Lucarelli, il noto scrittore di gialli e conduttore tv che nel suo ultimo libro, «Strane storie» edito da Skira, dedicato ai misteri del mondo, riscopre la storia di questo mostro dimenticato accostandola a quella del più fortunato parente scozzese. «Dicono che ce ne sia uno anche dalle nostre parti in Italia – racconta lo scrittore bolognese – una specie di Nessie che molti chiamano Larrie perché sta nel lago di Como, il lago lariano appunto dal quale prende il nome Lariosauro».

Documentatissimo Lucarelli ripercorre la storia delle apparizioni del Lariosauro, i cui primi reperti vennero scoperti a metà 800 ma che divenne famoso nelle cronache dei giornali solo nel secolo successivo. «Anche per Larrie ci sono state radici leggendarie e avvistamenti vari, dagli Quaranta fino a oggi – scrive nel suo libro – ed è finito anche lui nell’immaginario popolare, addirittura citato in un episodio di Paperino, nell’edizione italiana».

La leggenda del mostro del Lario nacque infatti nell’immediato Dopoguerra, quando nel 1946 il «Corriere Comasco» scrisse di un misterioso ed enorme animale apparso nelle acque del Pian di Spagna. Da allora le apparizioni si susseguirono, nel 1954 ad esempio dei pescatori avvistarono uno strano animale che nuotava nelle acque di fronte ad Argegno, lungo un’ottantina di centimetri e con il muso e la parte posteriore del corpo arrotondata e le zampe palmate, come un’anatra. L’episodio più eclatante solo tre anni dopo, nel 1957, quando ad agosto tra Dongo e Musso venne avvistato un enorme mostro la cui presenza venne confermata, il mese successivo, da alcuni biologi che si immersero nel lago con una batisfera e videro uno strano animale con la testa allungata come quella di un coccodrillo.

Dopo cinquant’anni il mostro tornò a far parlare di sé nel 2003, sul ramo lecchese quando alcuni pescatori dissero di essersi imbattuti in un enorme animale lungo oltre dieci metri dalle forme affusolate, come quelle di un’anguilla. Già da tempo qualcuno aveva pensato a qualche discendente, misteriosamente sopravvissuto, del Lariosaurus Balsami, il primo rettile fossile rinvenuto in Italia a metà 800, lungo tra i 50 e i 110 centimetri. Un mostro bonario, che non avrebbe sfigurato in un cartone animato della Disney, ghiotto di pesci che pescava nelle profondità del Lario, oltre 200 milioni di anni fa. Il fossile più lungo di Lariosaurus è custodito nel museo di Monaco di Baviera ed è lungo 90 centimetri, dopo che nei bombardamenti del 1943 venne distrutto l’altro esemplare, custodito nel Museo di Storia Naturale di Milano che era lungo 1 metro e 30 centimetri. Oggi sul Lario del mostro dimenticato sono rimaste poche tracce fossili e qualche leggenda popolare, anche quella sempre più sbiadita.