Cernobbio, 4 luglio 2013 - Morte in modo simile, gettate nei boschi e disperse. Quasi certamente uccise. Due ragazze con caratteristiche somiglianti, entrambe nere, che forse nella vita non si sono mai conosciute, ma la cui morte ora costituisce un unico fascicolo di indagine. Perché l’ipotesi che accomuna questi due casi di Lecco e Como, oltre a etnia e circostanze in cui sono stati trovati i loro resti, è che possano essere state vittime di una morte violenta, come rivelato dai segni di fratture trovati sulle poche ossa a disposizione degli inquirenti.

La prima emersa dal lago a Malgrate, nel Lecchese, a fine agosto 2010: una testa di donna individuata sul fondale da alcuni sommozzatori. Quello che rimane della seconda, poche ossa e un pezzo di capigliatura, era stato trovato da un escursionista nei boschi sopra piazza Santo Stefano, nella frazione di Olzino, a gennaio 2011.  Per un anno e mezzo, la Procura di Como ha cercato di fare accertamenti per capire quale fosse la sua identità e come fosse morta. Pochissimi gli elementi per risalire al suo nome, che non hanno dato risultati. Se non la certezza di trovarsi davanti a cause di morte non naturali.

Donne uccise e smembrate, teste separate dal corpo e occultate. Elementi che hanno spinto il Procuratore capo di Como, Giacomo Bodero Maccabeo, a inviare il fascicolo alla Procura di Lecco, per similitudine con il caso di Malgrate. Della donna di Cernobbio erano rimaste soprattutto vertebre. Un omero, il cranio e la mandibola, due ossa lunghe delle gambe. Nulla di più.

I carabinieri del Reparto investigativo di Como, insieme agli specialisti del Labanof, il laboratorio di antropologia e odontologia forense di Milano, avevano passato al setaccio tutta l’area circostante, ma lo scheletro della donna non era mai stato completato. La sua ipotetica immagine era stata ricostruita nei mesi successivi. Si tratterebbe di una donna di età compresa tra i 37 e i 52 anni, alta tra 160 e 167 centimetri. Aveva un incisivo leggermente sporgente, forse il suo unico segno particolare. Tra le sterpaglie, erano state trovate anche parti della sua capigliatura: treccine fitte, assieme a un fermacapelli di elastici e paillettes rosa e bianche.

A fine agosto 2010, dalla parte opposta del Lario, a Malgrate, era riemerso un teschio che ancora mostrava alcuni tessuti non consumati da animali e dalla decomposizione. Il resto del corpo non è mai stato trovato, forse disperso in quel vasto tratto di zona boschiva, che dalla rocca di Malgrate scende verso la zona abitata.

Ossa, certamente, portate chissà dove dagli animali e dalle intemperie. Anche in questo caso, gli specialisti del Labanof avevano ricostruito il volto di una donna tra i 28 e i 52 anni, che sul cranio presentava il segno di un vecchio trauma. Fumava molto e la nicotina aveva lasciato striature sui denti, assieme a interventi di ricostruzione dentale.