di Roberto Canali

Como, 27 marzo 2013 -  Le elezioni sono per il Municipio di Lugano ma anziché parlare di verde pubblico e buche nelle strade a tener banco sono gli italiani, vituperati perché vengono in Canton Ticino a rubare il lavoro ai ticinesi. Ad orchestrare la campagna dai toni allarmistici se non apertamente xenofobi l’Udc di Pierre Rusconi, lo stesso che un paio d’anni fa i frontalieri li aveva paragonati a ratti famelici. Adesso nei manifesti affissi in tutta la città gli italiani non figurano neppure, ma sono evocati come la causa che ha fatto finire azzimati professionisti svizzeri e ragazzotti di belle speranze, in mutande perché ormai senza più un lavoro.

«Si tratta di una campagna ridicola – sottolinea Carlo Maderna, che si occupa di frontalieri per la Cisl – anziché pensare a risolvere i problemi di Lugano si rifanno sugli italiani, indicati come il capro espiatorio dei loro mali. Se ritengono che i nostri connazionali rubano loro il lavoro perché non si affidano alla contrattazione collettiva? Mettiamo delle regole chiare, parliamo di diritti e probabilmente le cose cambieranno, in meglio. Sono le loro aziende a ricercare i lavoratori italiani, che hanno più capacità e sono più flessibili. Sono anni che discutiamo di questo problema, lo abbiamo fatto quando si parlava di dumping salariale, senza regole chiare le aziende si affidano ai frontalieri che a parità di qualità costano meno». Si parla, male, degli italiani per intercettare i voti della destra, in palio dopo la scomparsa del leader della Lega dei Ticinesi, Giuliano Bignasca, candidato proprio al Municipio di Lugano.

Non è infatti l’Udc l’unica ad attaccare i frontalieri, a rilanciare ci ha pensato Lorenzo Quadri, eletto al Gran Consiglio. È> stato lui a lanciare la proposta di un bollino doc da riservare alle aziende ticinesi che assumono solo lavoratori elvetici. «C’è un braccio di ferro in corso nel centro destra e in mezzo ci sono finiti gli italiani – spiega Claudio Pozzetti, per la Cgil consigliere del Tavolo italiani all’estero – si accusa l’altro per non affrontare seriamente i problemi. In questa regione di confine i frontalieri, che sono 56mila, non sono un problema ma al contrario una grande risorsa per le aziende ticinesi. Anziché inseguire i luoghi comuni sarebbe meglio avviare un confronto tre le parti sociali e le aziende, italiane e svizzere, per trovare delle soluzioni comuni».

Interviene sull’argomento anche la deputata del Pd, Chiara Braga. «Come al solito l’Unione Democratica di Centro non trova di meglio da fare che ideare slogan per manifesti elettorali provocatori e offensivi nei confronti dei frontalieri. Un certo modo di fare campagna elettorale che francamente poco si addice allo stile sobrio e preciso degli svizzeri».