di Roberto Canali


Como, 30 novembre 2012 – Ad altre latitudini le reazioni sarebbero state ben più scomposte, ma i comaschi si sa anche di fronte agli scandali sanno mantenere un aplomb britannico. Così l’altra sera nessuno ha avuto da ridire più di tanto quando il sindaco Mario Lucini e i professori di Insubria e Politecnico hanno dovuto ammettere che le paratie non solo non servono un granché a fermare le esondazioni ma nel giro di due anni hanno fatto sprofondare di cinque centimetri il Lungo Lario Trento, nel tratto che arriva fino a piazza Cavour.

«Como dal punto di vista geologico è una città giovanissima - ha spiegato il professor Alessandro Michetti, che insieme al suo dipartimento ha compiuto dei carotaggi sul sottosuolo cittadino -. Fino a 70 metri si incontra arenaria e negli strati più superficiali il terreno è composto da sedimenti ancor più recenti. Più ci si avvicina al lago, più il sottosuolo è costituito da terra da riporto con la quale l’uomo nei secoli ha cercato di bonificare la palude che un tempo si estendeva al posto della città».

Un substrato non consolidato e soggetto a fenomeni di subsidenza, ovvero rimodellamento e spostamento del terreno, un fenomeno che si è accentuato con l’avvio dei lavori per le paratie. «Non è la prima volta che ci troviamo di fronte a questo fenomeno - ha sottolineato Michetti -. Era già capitato negli anni '60 con l’emungimento della falda acquifera della città. Le paratie hanno nuovamente messo in moto questo fenomeno che ha provocato un abbassamento di cinque centimetri nella fascia fronte lago in cui si sono svolti i lavori per il primo cantiere».

Dannose per la staticità dei palazzi ma anche inutili, visto che in nessun modo si può impedire al lago di esondare. «Il vecchio progetto ragionava su una quota di sbarramenti in grado di contenere il lago fino a due metri sopra lo zero idrometrico - è intervenuto Giorgio Guariso del Politecnico - ma questa quota è puramente indicativa. Il lago in passato ha dimostrato di poter superare questa quota, sarebbe più utile stabilire accordi con la diga di Olginate».


Unica via d’uscita correggere il progetto in corso, a cominciare dalla seconda vasca antiesondazione da realizzare in dimensioni ridotte. «Non oltre 1.200 metri cubi di portata per la prima pioggia e 1,300 metri cubi da utilizzare per la laminazione - spiega Enrico Orsi del Politecnico -. Si potrebbero raccogliere e poi convogliare le acque di piena di nuovo nel lago». Soluzioni da formalizzare entro metà gennaio per trovare un accordo con Sacaim e puntare a riaprire parte della passeggiata entro l’estate prossima.
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