di Roberto Canali

Como, 25 novembre 2012 — Via Milano è un’arteria a rischio. A sostenerlo è non solo la Lega Nord, che ieri ha organizzato un presidio all’ingresso del quartiere, ma pure i residenti, che, in tanti, si sono fermati al gazebo del Carroccio per firmare una petizione in cui si invoca l’intervento di Palazzo Cernezzi. «Abbiamo raccolto 150 firme per chiedere che si adotti un piano di tutela delle attività tradizionali per il centro storico, via Milano compresa - spiega Dario Bianchi, consigliere regionale della Lega, ieri in via Milano insieme con i parlamentari Nicola Molteni ed Erica Rivolta -. Sollecitiamo lo sviluppo delle attività artigianali e commerciali che rispondono ai criteri d’interesse pubblico e alla tradizione della nostra comunità. In via Milano, specie nella parte alta della strada, la situazione di degrado è notevole».

A farne le spese soprattutto le donne, che di sera hanno paura di uscire. «Le molestie subite un paio di mesi fa dalla dottoressa Roberta Marzorati (che aveva denunciato l’episodio con una lettera al sindaco Lucini ndr.) non meritano di cadere nel vuoto - sottolinea Stefano Tettamanti -. Non è accettabile che in città ci sia una via in cui le donne, soprattutto dopo il tramonto, hanno timore di uscire da sole perché, nella migliore delle ipotesi, vengono importunate».

Il comitato dei commercianti della via, nei giorni scorsi, ha presentato un dettagliato piano di recupero a Palazzo Cernezzi. «Siamo in sintonia con le loro richieste - assicura Gianpaolo Pradella -. Ma chiediamo che si intervenga in tempi brevi con gli strumenti che la legge Harlem, riservata al recupero delle aree degradate, mette a disposizione degli Enti locali. Da troppi anni via Milano è stata lasciata allo sbando con il risultato che ad approfittarne sono stati gli extracomunitari, gli unici a continuare ad aprire bar e negozi mentre i comaschi se ne andavano».

L’appello è che almeno riapra la sede della circoscrizione. «Vi ho fatto parte per anni - ricorda Fabio Scudeletti -. Non percepivamo alcun gettone e riuscivamo a garantire un efficace presidio per la sicurezza dell’intera via. Da quando la sede è stata chiusa, il degrado è avanzato».