Laglio, 27 novembre 2010 - Modi educati e gentili, la disponibilità ad andare sempre incontro ai suoi debitori, posticipando il saldo delle rate o ritirando le loro proprietà immobiliari per tamponare l’assenza di liquidità. Un calcolo attento per rimanere al di sotto di quel tasso di guadagno del 22 per cento, oltre il quale il reato di esercizio abusivo del credito diventa più grave e sfocia nell’usura. Eppure Gabro Panfili, 64 anni, ragioniere in pensione di Laglio, non sarebbe stato abbastanza preciso nel tenersi alla larga dalla contestazione che lo ha portato in carcere su ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Como Alessandro Bianchi. L’ipotesi a suo carico, è di aver esercitato il prestito di denaro senza autorizzazione, incorrendo in almeno nove casi nell’esercizio abusivo del credito, in altri otto nell’usura.

 

I carabinieri dell’Aliquota Operativa del Norm di Como, in un anno di indagini hanno ricostruito l’attività che Panfili avrebbe esercitato in un ufficio di via Volta a Como, pieno centro storico, dove l’uomo riceveva i clienti. I nuovi contatti dovevano essere presentati da un cliente già conosciuto, che a sua volta avrebbe fatto da garante in caso di insolvenza. I prestiti partivano dai 10 o 20mila euro chiesti dall’impiegato che voleva acquistare beni al di sopra del suo tenore di vita, fino all’imprenditore che avrebbe chiesto e ottenuto 400mila euro euro. Tra questi due estremi, stavano le fasce medie di artigiani e commercianti le cui richieste di liquidità erano variabili.

La Procura di Como ha iscritto sul registro degli indagati anche la moglie e le due figlie di Panfili: a loro risultano intestati tre appartamenti del valore di circa 180mila euro ognuno, ceduti per risolvere parte dei debiti accumulati dai clienti. Il tutto avveniva senza incorrere in drammi: l’ex ragioniere consentiva ai proprietari di continuare a vivere nelle abitazioni alienate, senza imporre lo sfratto. In un caso, la proprietaria diventata inquilina, ha dichiarato essere ancora impegnata con ulteriori rate per saldare il suo debito.

 

Chi aveva difficoltà a pagare una più scadenze, non veniva vessato o minacciato, ma al contrario lasciato libero di mettere in coda al conto aperto, senza che i debitori si rendessero conto che questo meccanismo aggravava ulteriormente la loro posizione economica. Alcuni di loro, sentiti dai carabinieri in questi mesi, avrebbero dichiarato non sapere quanto mancava loro per esaurire l’impegno contratto con Panfili, totalmente ignari della prospettiva a cui stavano andando incontro. Per tutti i clienti, almeno quelli identificati e sentiti in corso di indagine, il sessantaquattrenne era una sorta di benefattore, disposto ad andare incontro nei momenti di difficoltà. Nessuno ha speso parole negative o vessatorie nel parlare di lui, esattamente come lui si è sempre mostrato cortese nei loro confronti.