Como, 6 ottobre 2010 - In rivolta contro la riforma Gelmini ma soprattutto contro Varese che dopo la facoltà di Economia ha scippato all’ateneo lariano anche la cattedra di Informatica, lasciando orfane un’ottantina di matricole che per laurearsi dovranno fare i salti mortali tra lezioni in videoconferenza e docenti a contratto. Un quadro sconfortante quello emerso dall’assemblea organizzata ieri pomeriggio dai ricercatori dell’università dell’Insubria, costretti a chiedere una mano ai loro stessi studenti di fronte a una riforma che rischia di renderli ancor più precari e a un senato accademico che da tempo sembra prendere le decisioni che contano lontano dalla città.

 

«Da anni stiamo assistendo a una lenta deriva dell’università italiana – hanno spiegato Gloria Tabacchi e Andrea Penoni, entrambi ricercatori alla facoltà di Scienze – quest’ultima riforma però rischia di farci scendere una china che sarà molto difficile se non impossibile risalire». Capita così che al dipartimento di Scienze della mediazione linguistica a tenere le lezioni siano tre ricercatori, costretti a insegnare di fronte ad una platea di 150 studenti. «Non si imparano bene le lingue così, sono la prima a dirlo – spiega Maria Nieves Arribas – fino all’anno scorso oltre alle ore di lezione, che non sarei tenuta a fare essendo una ricercatrice, correggevo i compiti e tenevo dei seminari e delle prove per seguire passo passo i ragazzi. Quest’anno non potendo astenermi dal fare lezione esprimerò la mia protesta limitandomi alla pura attività didattica».

 

In via Valleggio, dove si concentrano le facoltà scientifiche, la protesta dei ricercatori che si riconoscono nella «Rete 29 aprile» (23 studiosi su 27) minaccia di far slittare l’avvio delle lezioni e costringere i ragazzi a seguire corsi tenuti da docenti assunti all’ultimo momento.

 

Un po' meglio potrebbe andare a Giurisprudenza, non perché lì i problemi non ci siano ma semplicemente perché i ricercatori di quella facoltà si riconoscono nel Cnru, vicino al centrodestra, e sono rientrati nei ranghi quando il Governo ha promesso la promozione a professore associato per 9/10mila di loro su scala nazionale. Alla fine l’unica certezza è che a pagare lo scotto di questo autunno caldo saranno gli studenti, costretti a casa per l’avvio dell’anno accademico che continua a slittare o che, come temono gli studenti iscritti a informatica, addirittura potrebbe non iniziare mai.

 

«Hanno aspettato a dircelo al 30 di settembre – spiegano – quando ormai avevamo pagato la rata d’iscrizione, l’ultima notizia che abbiamo è che i corsi dovrebbero partire il 18 ottobre ma non sappiamo con quali professori visto che molti insegnamenti sono stati spostati a Varese e molto probabilmente li dovremo seguire in teleconferenza. Abbiamo chiesto chiarimenti al preside della facoltà di Scienze di Como, Stefano Serra Capizzano, che ci ha rimandato al suo collega di Varese, Alberto Coen. Noi però le tasse continuiamo a pagarle qui».