Como, 20 settembre 2010 - La città e le sue istituzioni devono parlare, devono far sentire la loro voce affinché il polo comasco dell’università degli studi dell’Insubria non sia sempre sottomesso a Varese. Occorre un interlocutore efficiente che faccia da tramite tra università e territorio: noi, come comitato degli studenti, siamo a disposizione. Non vogliamo che tutto quello che di buono è stato fatto finora per l’ateneo comasco vada perso. Vogliamo salvare il salvabile».

 

Molto determinati, molto calati nella realtà di coloro che tengono al massimo affinché l’ateneo decolli sempre più, gli studenti comaschi che, tramite i loro rappresentanti nel Senato accademico e nel Cda dell’ateneo, accettano la sfida e si mettono in gioco affinché l’università comasca non faccia una brutta fine.

 

«Dopo le polemiche di questi giorni - hanno spiegato ieri nel corso di un incontro con le istituzioni comasche e con la popolazione i rappresentanti degli studenti Federico Gilardoni e Luca Parravicini - possiamo dire che la città di Como fa fatica a capire che l’ateneo è anche suo. Da studente posso dire che la chiusura, almeno del nuovo primo anno della facoltà di Economia, è stata un vero colpo. E questo perché è stata una decisione arrivata improvvisamente, quando alcuni studenti avevano già provveduto all’iscrizione e al pagamento delle relative tasse di 650 euro, cosa che, al giorno d’oggi, per un famiglia, non sono pochi. Ma ci sono anche tante altre cose che lasciano perplessi».

 

Ad esempio, aggiunge Gilardoni, «i verbali testimoniano che quando il rettore Renzo Dionigi inaugurò l’anno accademico 2008/09, poco più di un anno fa, disse che il polo comasco dell’università dell’Insubria non sarebbe più stato toccato, tutte le novità sarebbero state in aggiunta, non in diminuzione. Invece pochi mesi dopo, era il novembre dello scorso anno, ha chiuso Informatica e Scienze dei beni culturali; oggi è stato deciso di chiudere Economia. Perché una cosa che funzionava è stata disattivata? Mi è stato detto che la chiusura è momentanea, ma vogliamo garanzie affinché anche il polo comasco venga considerato d’eccellenza al pari di quello di Varese, anche per quanto riguarda i master, chiediamo che, d’ora in avanti, anche se ci fosse a disposizione un solo euro, questo venga utilizzato per il polo di Como».

 

Nei giorni scorsi è circolata la voce della proposta di un docente dell’università dell’Insubria, Paolo Bernardini, ordinario di Storia moderna alla facoltà di Giuriusprudenza, di una scissione tra Como e Varese. I Giovani democratici della provincia di Como condividono la proposta avanzata, come spiega il segretario provinciale Alessandro Briccola: «Como è considerata nei fatti la succursale di Varese. Riteniamo quindi che questa scissione possa essere una possibile soluzione per dare vita a una maggiore specializzazione e diversificazione dei corsi di laurea, e per fare acquisire autonomia, qualità e prestigio all’università».