Como, faccia a faccia sulle paratie: Maroni pronto a occuparsene

Oggi è in programma l'incontro fra Lucini e Cantone. Ci sarà anche il governatore della Lombardia che ha già lanciato la sfida alla giunta di Palazzo Cernezzi

Il lungolago in ostaggio

Il lungolago in ostaggio

Como, 25 maggio 2016 - L’aveva già promesso in passato e oggi andrà a ribadirlo a Roma: se a Como non sono capaci di far ripartire il cantiere sul lungolago ad occuparsene è pronta Regione Lombardia. L’ennesima nuova sfida per Roberto Maroni che già quattro anni, subito dopo l’elezione di Mario Lucini, arrivò in città con una dote di quasi 8 milioni di euro per consentire a Palazzo Cernezzi di ripartire con la terza variante del progetto, dopo aver sanato le pendenze con Sacaim. «Purtroppo il Comune di Como ha combinato diversi pasticci e oggi tutto è bloccato – spiega il governatore della Lombardia – noi siamo pronti a fare la nostra parte e restituire ai comaschi il loro lago.

A chiedercelo però deve essere il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, l’unico in questo momento ad avere chiara la via giusta per uscire da questo impasse. Se il numero uno di Anac riterrà che il nostro contributo possa essere utile per far ripartire i lavori sono pronto a farmi carico dell’intero progetto. La sfida non mi spaventa, abbiamo uomini e strutture in grado di trovare le soluzioni più opportune». Comunque vada un passo avanti rispetto a mesi di inchieste, perizie e interminabili conciliaboli che hanno portato Palazzo Cernezzi sull’orlo di una crisi di nervi. Non bastava infatti la bocciatura della terza variante da parte dell’Anticorruzione, nel giro di poche settimane sul Comune di Como è piombata un’indagine da parte della Procura della Repubblica e l’invito a dedurre dei magistrati della Corte dei Conti: ovvero la richiesta di restituire i tre milioni di euro indebitamente, secondo la magistratura contabile che ha rilevato un danno erariale, pagati a Sacaim in sede di arbitrato. Insomma un vero e proprio disastro che ha spinto molti a pensare che una soluzione andasse cercata lontana dal lago.

Non è un caso che il faccia a faccia in programma oggi tra Maroni e Cantone si svolga a Roma, a palazzo Chigi, alla presenza del segretario per la Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico, i parlamentari comaschi e il sindaco Mario Lucini, più per ascoltare che non per dare soluzioni. Senza tecnici o quasi, dopo la dimissione di Antonio Ferro e Pietro Gilardoni i due dirigenti di palazzo Cernezzi che conoscevano ogni segreto delle paratie, e soprattutto in crisi di autorità il sindaco di Como ha esaurito tutti gli assi nella manica, se si esclude il parere di un esperto di diritto amministrativo che però equivarrebbe a dichiarare guerra ad Anac. «Le opzioni non solo molte: o si prosegue con i lavori oppure si inizierà da capo, noi siamo alla finestra in attesa che ci dicano quello che vogliono fare – conclude Maroni – La decisione spetta a Cantone e non a Renzi, questa situazione non si può risolvere con un decreto legge, tocca ad Anac pronunciarsi e dire come uscire da questo ginepraio. Ai comaschi posso solo dire che siamo pronti a fare la nostra parte, anche prendendo in mano la responsabilità dei lavori».