Allarme terrorismo, il dossier degli 007 : "Nella moschea di via Pino un vivaio Is"

Como, un’indagine choc punta il dito contro il centro islamico di Camerlata

Musulmani in preghiera (Newpress)

Musulmani in preghiera (Newpress)

Como, 14 gennaio 2015 - Un vivaio di «Is» sulle rive del lago, nella cintura di strade che lambisce la periferia Sud della città. Quartiere Camerlata, via Domenico Pino. Qui, in un palazzo tanto anonimo quanto da sempre bersagliato da una raffica di polemiche di fuoco, i servizi segreti italiani hanno individuato «uno dei luoghi sensibili» per possibili recrudescenze estremiste di stampo musulmano. Il centro islamico nacque una quindicina d’anni fa sotto i peggiori auspici, subito tempestato da una raffica di polemiche a cui sono seguiti blitz, chiusure, proteste e riaperture. E forse non poteva che finire così per il polo di via Pino, maldestramente chiamato moschea dai più, ma forse non a torto stando al dossier stilato dagli 007 del nostro Paese, a pochi giorni dalla strage che a Parigi ha sconvolto il mondo intero e che adesso riaccende la paura-terrorismo. Secondo un’indagine riservata per il Governo, il Parlamento, il Copasir e ripresa dal quotidiano La Repubblica, la «moschea» – così viene definita dalla nostra intelligence – comasca è annoverata fra i «centri di culto di matrice salafita» capaci di influenzare «la rinascita all’islam radicale».

Che trova adepti soprattutto «fra i più giovani», un po’ perché più «sensibili e fragili», un po’ perché più abili nel creare e trovare contatti con l’Is specie attraverso il web. Vengono chiamati homegrown questi internauti che, dal pc di casa propria, simpatizzano con la propaganda jihadista. E trovano proseliti e «conforto spirituale» anche in alcune «nicchie» che si svilupperebbero in centri di aggregazione e di culto. Fra cui, stando al dossier, anche quello comasco. Una rivelazione che non potrà passare sotto silenzio sulle rive del lago, dove la presenza del polo di Camerlata non ha mai cessato di alimentare sospetti, critiche, esasperazioni da parte di alcune parti politiche, in primis la Lega Nord. Sembra di essere tornati indietro di dieci anni, ai tempi delle predicazioni infuocate dell’Imam, Mohamed Snoussi che il 16 agosto del 2004 venne espulso con effetto immediato in Tunisia, per la sua posizione ritenuta troppo vicina ad Al Qaeda.

«La moschea non è solo un luogo di preghiera, è come una chiesa e un oratorio insieme. Le uniche mosche riconosciute sono quelle di Roma e Milano. Moralmente nella dottrina islamica la preghiera si fa nel luogo in cui si trova, pregando con la fronte per terra – spiega Safwat El Sisi per anni il portavoce della comunità islamica. Non vado da quasi due anni al centro di via Pino, sono quasi sempre in casa – prosegue – Ai miei incontri culturali erano invitati tutti, per far conoscere la cultura araba e islamica nel massimo rispetto dell’ordine pubblico. Ho sempre parlato senza nessuna riservatezza. Ho fatto incontri al liceo Giovio, all’università Insubria, per spiegare il ruolo della donna nell’Islam, per favorire il dialogo con tutte le categorie. Occorre collaborare insieme. Il credo è una scelta libera e non deve essere toccata».

Non c’è nulla di strano per lui in via Domenico Pino. «Io non ho mai notato niente di strano almeno fino al 2011, fin quando ho frequentato con assiduità il centro islamico – conclude – C’è un detto dalle mie parti, «Le mosche non vanno mai dove c’è il piatto pulito”. Siamo noi i primi che dobbiamo vegliare contro questi estremisti che sono terroristi, come li avete avuti voi nella vostra storia anche recente. L’Italia è un Paese tollerante, c’è una forte amicizia individuale di tanti musulmani con gli italiani. Questi elementi allontano la violenza. Personalmente ho avuto amicizia con esponenti della Lega, un rapporto umano che ha il suo valore». 

di Agnese Pini e Roberto Canali