2009-06-18
di CORRADO CATTANEO
— COMO —
TUTTI a professarsi innocenti dall’accusa di omicidio e di furto aggravato degenerato in rapina, tutti a scaricare su altri le responsabilità di quanto è tragicamente avvenuto la notte tra il 2 e 3 maggio 2007. È il contenuto delle arringhe dei legali degli imputati nel processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Como per l’omicidio di Enrichetta Panzeri, la donna di 83 anni strangolata nella sua casa di Rogeno durante un furto finito nel peggiore dei modi. Alla sbarra in qualità di principali imputati Gentjan Belegu, 35 anni e Ilir Hyka, 33 anni, entrambi albanesi, oltre all’italiano Pierangelo Villa, 52 anni di Besana Brianza. Tutti e tre colpevoli per il pubblico ministero Luca Masini tanto da meritare l’ergastolo. Otto anni è invece la richiesta di condanna formulata dal pm per la sorella di Hyka, Violeta Kokoshi, imputata per concorso in rapina con l’accusa di aver passato informazioni al fratello sfruttando il fatto di lavorare come collaboratrice domestica in casa della vittima.

IMPUTAZIONI che ieri i legali delle difese hanno cercato di smontare gettando sovente sugli altri le responsabilità. Per quanto riguarda Belegu l’avvocato Peppino Polidori ha puntato la propria linea difensiva per i due capi di imputazioni principali, omicidio e rapina, sostenendo che «non ci sono elementi oggettivi, prove chiare in ordine alla colpevolezza del mio assistito», e ha voluto sottolineare come nelle intercettazioni ambientali «nessuno degli imputati abbia mai chiamato in causa Belegu prima del loro arresto», cercando inoltre di smontare la testimonianza della ex compagna del suo assistito, ora sotto protezione, che ha affermato di aver trovato nelle sue tasche 300 euro, una carta d’identità con la foto di una donna anziana e un libretto di assegni compatibile con quello della donna. «Aveva interesse a fare quelle dichiarazioni - sostiene il legale - e in ogni caso quei ritrovamenti al massimo proverebbero una ricettazione», ha aggiunto chiedendo l’assoluzione. Anche il legale di Hyka, Roberto Colombo, si è rifatto alle risultanze delle intercettazioni telefoniche sostenendo che «il telefono si trovava effettivamente a Rogeno nel giorno dell’omicidio, ma non era in possesso del mio cliente». Il legale di Villa, Enrico Colombo, ha invece sostenuto l’estraneità del suo assistito gettando sui due albanesi tutta la responsabilità di quanto avvenuto. Da ultimo per la Kokoshi l’avvocato Pierpaolo Livio ha chiesto l’assoluzione, per «condotta inconsapevole della donna».