Perché per Yara il Dna è stato la prova regina

In un vortice di talk show densi di parole al vento abbiamo dimenticato un punto di vista non trascurabile. Quello dei giudici. Gli unici che hanno potuto valutare nel loro complesso la montagna di dettagli raccolti

Milano, 18 luglio 2017 -

LA LETTERA

Caro direttore, riflettendo sul delitto di Yara e il processo d’Appello a Massimo Bossetti, mi chiedo come mai si sia disputato così tanto sul test del Dna. La scienza considera esatto il dato al 99%, solo per ragioni matematiche. Il patrimonio genetico rappresenta il tratto di unicità di un individuo. Non c’è alcuna possibilità che due profili genetici coincidano. Se si mette in un dubbio il Dna si mette in dubbio la vita.

Loris, da ilgiorno.it

 

LA RISPOSTA

Le dico una cosa: non solo il processo, ma tutta l’inchiesta per svelare il mistero della morte di Yara si è sviluppato attorno alla questione Dna. Ci pensi: questo è uno dei pochi casi al mondo in cui la pubblica accusa, ritenendo di avere in mano l’impronta genetica dell’assassino, non l’ha confrontata con quella dei sospettati, perché i sospettati proprio non c’erano. L’ha invece comparata al Dna di decine di migliaia di persone, individuando prima il presunto padre del killer, poi Bossetti stesso. Chiaro, dunque, che tutto fosse incentrato sul Dna, senza il quale non ci sarebbero stati né l’arresto né il processo, né l’ergastolo confermato in Appello. Oggi però la questione è un’altra: in un vortice di talk show densi di parole al vento abbiamo dimenticato un punto di vista non trascurabile. Quello dei giudici. Gli unici che hanno potuto valutare nel loro complesso la montagna di dettagli raccolti. Umile proposta: proviamo a rispettare la loro sentenza? Dice che Bossetti ha ucciso una ragazzina di 13 anni. E a lei io penso oggi.

sandro.neri@ilgiorno.net