Ultima chiamata per i centristi

"Ad uccidere ogni prospettiva di creazione di un centro politico non sono state solo le leggi elettorali, ma anche e soprattutto i laceranti bizantinismi che hanno dominato negli anni la vita dei piccoli partiti"

Milano, 2 novembre 2017 - Ad uccidere ogni prospettiva di creazione di un centro politico non sono state solo le leggi elettorali, ma anche e soprattutto i laceranti bizantinismi che hanno dominato negli anni la vita dei piccoli partiti, rissosi e smaniosi di rimanere equidistanti dalla destra e della sinistra. Il principio del “voto utile”, che spinge molti elettori a non dare fiducia a forze minoritarie e spesso candidate a un ruolo di pura testimonianza, ha polarizzato il consenso verso i partiti maggiori. Ma se è stato palese l’intento di questi ultimi di approvare regole finalizzate a stritolare i partiti di centro negando loro una chance di esistenza autonoma, è apparsa finora altrettanto evidente l’incapacità delle formazioni centriste di distinguersi efficacemente dalle principali coalizioni. Le ragioni di questa evanescenza centrista sono diverse. Anzitutto la mancanza di un progetto di società distinto da quello della sinistra e della destra. Leggendo i programmi dei principali partiti in competizione si fa fatica a cogliere elementi di sostanziale diversità.

Contengono tutti obiettivi molto generici e vaghi, perché puntano a catturare il maggior numero di elettori, senza esplicitare più di tanto gli ingredienti della proposta di governo. Così facendo, però, non si comprende perché un cittadino dovrebbe essere attratto da un partito accreditato nei sondaggi di percentuali ridottissime e a una cifra, quando invece il suo voto potrebbe risultare determinante per far prevalere un grande partito nella sfida contro un altro grande partito. Il camaleontismo di molti centristi che negli anni sono passati dall’alleanza con la destra a quella con la sinistra, e viceversa, ha tolto ulteriore credibilità alla loro proposta politica, svelandone l’inconsistenza. Debole è apparsa la difesa dei valori cattolici e liberali da parte di forze centriste che pure in campagna elettorale si richiamavano ad essi per raccogliere voti. Stefano Parisi stava per diventare sindaco di Milano, ma qualche partito nel centrodestra non si è impegnato fino in fondo per questo esito, preoccupandosi soltanto di prendere un voto in più del suo alleato. Forse lui dovrebbe ripartire proprio dalle elezioni comunali perse per un soffio e rivolgersi a tutto l’elettorato di centrodestra, con proposte programmatiche innovative, chiarendo che votare per lui non è la stessa cosa che votare per Berlusconi, e che nel suo partito non c’è posto per transfughi, riciclati, miracolati. Ne avrà il coraggio?

* Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica