Milano, 23 settembre 2017 -
LETTERA
Caro direttore, le immagini arrivate dal Messico dopo il terremoto mi hanno sconvolto. Quanto dolore, quanti morti, quante macerie. Sono poi rimasta di stucco, come mamma e non solo, nel capire che era completamente falsa la notizia della bambina sopravvissuta al crollo della scuola ma imprigionata sotto i cumuli di detriti. Ma come si fa a inventare una cosa del genere? E com’è possibile che una informazione così faccia il giro del mondo? Giovanna G., Milan
RISPOSTA
Mi perdoni se la prendo da lontano. Le dico subito però che, quando avevo da poco iniziato a lavorare in questo giornale, un collega più anziano mi aveva spiegato una cosa: «Se sbagli - disse - a raccontare un fatto accaduto dall’altra parte del mondo può anche capitare che non se ne accorga nessuno. Ma se scrivi male il cognome del presidente del circolo culturale di un paese delle nostre province stai sicuro che domani ti arriverà una richiesta di precisazione». Era tutto vero. Oggi, in un mondo sempre più globale, anche le notizie (e le non notizie) si diffondono alla velocità della luce. Si è persa l’abitudine a verificarle, a raccontare solo ciò che si vede o quel di cui si è assolutamente certi. In questo noi giornalisti abbiamo sicuramente delle gravi responsabilità. Per uscirne, però, abbiamo bisogno che ci aiuti anche chi ci legge. Premiando la qualità e la precisione, distinguendo chi fa onestamente il suo mestiere da chi è disposto a inventare qualsiasi cosa per un clic in più.In fondo, è una questione di scelte. sandro.neri@ilgiorno.net