Legge e pietas: Riina trattato in modo giusto

Se l’ergastolo è previsto, è ragionevole pensare che alcuni detenuti concludano la propria vita in carcere. Questo vale anche (anche, non a maggior ragione) per il capo di Cosa Nostra

DOMANDA:

CARO DIRETTORE, Toto Riina è morto. E con questo, dicono molti, è finita la mafia. Anche se io non ci credo: Cosa Nostra è un’organizzazione ancora molto pericolosa. Ma oggi mi chiedo: non avrebbe fatto meglio lo Stato a mostrare pietas per un uomo che muore, anche se quest’uomo era il peggior criminale della storia del nostro Paese? Non sarebbe stata una dimostrazione di forza (nostra) consentirgli di morire, come aveva chiesto, in detenzione domiciliare, nel suo letto, tra tutti i suoi parenti? Luca F., Vigevano

RISPOSTA:

RIINA È MORTO AL TERMINE di una lunga malattia, durante la quale - assicurano gli esperti - ha ricevuto le migliori cure possibili, indipendentemente dal regime carcerario duro a cui era sottoposto. L’ordinamento prevede, per i reati più gravi, anche la pena dell’ergastolo. Se l’ergastolo è previsto, è ragionevole pensare che alcuni detenuti concludano la propria vita in carcere. Questo vale anche (anche, non a maggior ragione) per il capo di Cosa Nostra, un uomo condannato a 26 ergastoli. Non è questione di pietas, che non mi pare sia mancata. È, semplicemente, una questione di giustizia, di rispetto per le persone che hanno sofferto, di rispetto per le regole di convivenza che ci siamo dati e che la mafia ha sempre brutalmente violato. In fondo, Riina è morto in carcere perché così ha voluto. Non ha mai mostrato alcun ravvedimento. Di pentimento non voglio nemmeno parlare. Quel che pensava in coscienza, a questo punto, è una cosa che riguardava solo lui. E nessuno di noi lo saprà mai. sandro.neri@ilgiorno.net