Il referendum e la difficile par condicio

Le polemiche sulla data del referendum, da alcuni considerata troppo lontana, hanno già fatto capire agli italiani con quale clima arriveremo alle urne il 4 dicembre

Milano, 30 settembre 2016 - Le polemiche sulla data del referendum, da alcuni considerata troppo lontana, hanno già fatto capire agli italiani con quale clima arriveremo alle urne il 4 dicembre. La disputa sui contenuti della riforma Boschi sarà accesissima, ma a far pendere la bilancia in favore del “sì” o del “no” potrebbero essere ancora una volta i risvolti mediatici della campagna. I sondaggi riferiscono che un italiano su tre non sa ancora se andrà a votare e non sa ancora come votare. A quella folta pattuglia di indecisi si rivolgeranno i sostenitori del “si” o del “no” nel tentativo di vincere il referendum. Ma con quali mezzi lo faranno? I media tradizionali conservano, secondo gli studiosi, un certo appeal e una discreta capacità di persuasionema soprattutto su un pubblico adulto, rappresentato in prevalenza da pensionati, impiegati e casalinghe. Difficilmente i giovani sotto i trent’anni trascorrono del tempo davanti alla tv per guardare un telegiornale o acquistano in edicola un quotidiano cartaceo. Le diete mediatiche degli italiani sono cambiate e internet è per molti la principale fonte di informazione.

Il problema, però, è che per garantire imparzialità i mezzi d’informazione sono chiamati a riservare identici spazi di propaganda alle ragioni del “si” e alle ragioni del “no”. A questa regola non è assoggettata la Rete, che è priva di confini e che dribbla agevolmente i vincoli della legge sulla “par condicio”, partorita nel Duemila, in pieno “berlusconismo televisivo”. Come delimitare gli spazi di pubblicità elettorale su un sito internet o, peggio ancora, sui social? In base al numero di follower o di contatti? Sarebbe come pretendere di fermare il vento con le mani. Ma anche fermandosi a tv e carta stampata, rimane assai arduo applicare il “bilancino” della par condicio. Per una serie di ragioni. Per esempio, mentre il fronte del “sì” appare più coerente e coeso, facendo capo all’universo governativo, il fronte del “no” è assai più variegato e disomogeneo, essendo composto da forze politiche che hanno molto poco in comune e si trovano temporaneamente dalla stessa parte della barricata solo per opporsi a una riforma che reputano sbagliata e a un governo che giudicano inadeguato e dannoso per il paese. E allora come si conteggeranno gli spazi riservati al “no”? Chi deciderà se far parlare Di Maio o Salvini, D’Alema o Brunetta? Considerato che tutti i partiti anti-riforma, dai Cinque stelle alla Lega, puntano a intestarsi l’eventuale vittoria dei “no”, c’è da scommettere che anche tra i loro leader scatterà la competizione sfrenata. E poi ad ognimessaggio di comunicazione istituzionale per spiegare come si vota e per che cosa si vota, i sostenitori del “no” torneranno a polemizzare sul carattere “tendenzioso” del quesito, che indurrebbe secondo loro a votare per il “si”. In altre parole, gli spazi della cosiddetta propaganda di pubblica utilità non verranno formalmente conteggiati in quota fronte del “sì”, ma certamente aiuteranno quest’ultimo. Difficile, quindi, escludere ricorsi, denunce e strascichi giudiziari a colpi di carte bollate. E l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che dovrà vigilare sulla corretta applicazione della legge sulla par condicio, sarà chiamata ancora una volta a fare gli straordinari.