Una missione per sempre

"Capisco le lamentele di chi parla di una vita di sacrifici, di sforzi, di viaggi lontano da casa. Ma tutte le vere missioni hanno un lato difficile e necessitano di costanza. Chi è professore lo è fuori dall’aula, lo è nella vita"

TUTTI i miei compagni di classe ricordano l’anno in cui abbiamo avuto a che fare con un prof simpatico come un nonno, ma incapace di insegnare le materie a cui era assegnato. Abbiamo passato un anno a recitare opere liriche e parlare di pittori russi, ma non abbiamo imparato nulla di concreto. L’anno successivo per noi la grammatica greca è stata una scalata impervia come poche altre sfide del nostro percorso liceale, ma eravamo trionfanti della forza compatta con cui assieme ai genitori eravamo riusciti ad allontanarlo. Il problema della scuola ha i confini netti e definiti della capacità e dell’amore che i professori dedicano alla loro difficile professione. È una palestra continua, con scale scivolose, ma che può dare tanto. Tantissimi compagni di università mi parlano di questo mestiere con passione e dedizione, e mi piace essere convinta che saranno loro i professori del domani capaci di essere all’altezza di questo nome. Tuttavia, oggi molte volte la situazione è plumbea, in stallo.

FARE i professori è una missione, è prendere in mano una vita e indirizzarla a una via umana e accademica che avrà risvolti perenni. Capisco le lamentele di chi parla di una vita di sacrifici, di sforzi, di viaggi lontano da casa. Ma tutte le vere missioni hanno un lato difficile e necessitano di costanza. Chi è professore lo è fuori dall’aula, lo è nella vita. Diventare di ruolo è come prendere i voti, si devono guidare vite né più né meno che un pastore. E i ragazzi meritano che a farlo siano persone competenti, che amino loro e quello che insegnano. Che amino presentarsi ai colloqui con i futuri genitori e mostrare la scuola come una seconda casa, per farli sentire a casa. Non ci sarà una soluzione alla scuola nel giro di qualche paragrafo. Ci sarà invece una grande richiesta. Noi ragazzi vogliamo imparare, vogliamo che a insegnarci siano i migliori. Vogliamo che i nostri professori ci amino, che prendano a cuore la nostra causa e ci raccontino di Leopardi a vent’anni facendocelo sentire vicino. E vogliamo che siano onesti, appassionati, disposti a sollevarci dagli scivoloni e a capire i nostri genitori, spesso eccessivi quando si parla di noi. Ringraziamo coloro che già lo fanno, avranno il nostro ricordo per sempre. Perché essere professori è rimanere nella memoria, per sempre.