L’omicidio di Lidia e il dovere di capire. Anche 30 anni dopo

Più che una eventuale sentenza di condanna sarà la verità a poter dare un minimo di consolazione alla mamma di Lidia, ai suoi parenti, ai suoi amici

Milano, 19 ottobre 2017 -

DOMANDA:

Caro direttore, noto che seguite con molta attenzione la vicenda di Lidia Macchi, il suo efferato assassinio, la lunga e spesso contorta ricerca del responsabile. Adesso è in corso il processo. Anche io ovviamente spero nella verità. Però mi chiedo una cosa: che Giustizia è quella che, se arriva, arriva dopo 30 anni esatti? Trent’anni di dolore, senza sapere cosa sia accaduto, sono un prezzo altissimo da pagare per tutti i familiari. Benedetta, via mail

 

RISPOSTA:

Cara Benedetta, Lidia Macchi aveva 21 anni quando fu uccisa a Varese. «Il Giorno» fu tra i quotidiani che seguì di più le fasi iniziali di questa tormentata indagine. Ed è il giornale che ancora oggi racconta il processo che vede imputato un conoscente della ragazza. Ce lo siamo chiesti anche noi, e più di una volta, se avesse senso continuare a sperare nella soluzione di questo cold case o se non fosse meglio lasciarci alle spalle tutto per non vivere un perenne senso di smarrimento. Bene, siamo assolutamente sicuri del fatto che lo sia, che sia giusto crederci. Perché più che una eventuale sentenza di condanna sarà la verità a poter dare un minimo di consolazione alla mamma di Lidia, ai suoi parenti, ai suoi amici di allora e perfino a chi, come noi, l’ha conosciuta semplicemente leggendo della sua giovane e bella vita. È nostro dovere, dovere di tutti intendo, non solo dei magistrati o di chi è stato direttamente offeso e mutilato da questo scempio. sandro.neri@ilgiorno.net