L'uomo e il simbolo

Se Matteo Renzi e la maggioranza del Pd non fossero intervenuti con efficace malagrazia, Ignazio Visco sarebbe stato confermato per altri sei anni alla guida della Banca d’Italia senza che nessuno battesse ciglio

Milano, 21 ottobre 2017 - Se Matteo Renzi e la maggioranza del Pd non fossero intervenuti con efficace malagrazia, Ignazio Visco sarebbe stato confermato per altri sei anni alla guida della Banca d’Italia senza che nessuno battesse ciglio. È possibile tuttora che lo sarà, ma in ogni caso l’opinione pubblica sa che quasi l’intero parlamento vorrebbe una soluzione diversa. È giusto? Quarant’anni fa, a Ferragosto del ’77, il boia nazista Herbert Kappler evase dall’ospedale militare del Celio. Il ministro della Difesa Lattanzio dovette dimettersi, pur non avendo ovviamente alcuna responsabilità nella custodia del prigioniero. Talvolta sono necessari atti simbolici. La domanda è: la Vigilanza della Banca d’Italia ha svolto con assoluto scrupolo il suo lavoro sulle dieci banche saltate in aria negli ultimi anni? Se la risposta è negativa, ci si regoli di conseguenza. Visco non ha verosimilmente responsabilità maggiori di Salvatore Rossi, il direttore generale candidato (in ipotesi) a sostituirlo e degli altri tre membri del direttorio

Ma il governatore è un simbolo e come tale deve rispondere perché l’intera Banca d’Italia, costituzionalmente refrattaria all’autocritica, rifletta anche su di sé. Negli anni della crisi, il governo degli Stati Uniti ha salvato le banche con 2.330 miliardi di dollari, restituiti con gli interessi. L’Inghilterra nazionalizzò sei banche con una spesa di 1.148 miliardi di sterline. La Germania ha sostenuto il sistema con 418 miliardi di euro. Il governo francese con 228 miliardi. Da noi fino all’anno scorso erano stati spesi soltanto quattro miliardi per il prestito al Monte dei Paschi, restituito ai tassi usurari richiesti dall’Europa. Il conto complessivo, per lo Stato e gli investitori, è stato calcolato oggi in 24 miliardi. Quando le banche italiane hanno detto di non aver bisogno di soldi, la Banca d’Italia era d’accordo? Le dieci banche entrate in crisi quando era troppo tardi per aiutarle con il consenso europeo avevano sempre ottenuto ispezioni tranquillizzanti? Di chi fu il suggerimento di far comperare Banca Etruria dalla appoggiatissima (da Banca d’Italia) Popolare di Vicenza che poco dopo saltò in aria? Chi ha vigilato in tempo utile sulla reale corrispondenza del valore delle azioni e delle obbligazioni con il patrimonio delle banche?

Non sarebbe stato singolare se la conferma fino a dodici anni di mandato (semipresidenziale) del governatore fosse avvenuta senza un bah, mentre una commissione parlamentare d’inchiesta potrebbe scoprire che non tutto è andato magnificamente? Si è obiettato che il Parlamento non sarebbe competente a intervenire su nomine che non gli spettano. Il 29 agosto 2005 Romano Prodi, a nome dell’Unione, chiese comprensibilmente un cambio di gestione della Banca d’Italia per la vicenda che aveva coinvolto il governatore Antonio Fazio e attivò l’opposizione in Senato perché questo avvenisse. Con 356 operazioni di fusione e aggregazione bancaria Fazio aveva portato lo spread dell’Italia da 800 a 200 punti. Voleva salvare l’italianità della Banca Nazionale del Lavoro. Forzò la mano col suo pessimo carattere, ebbe rapporti personali impropri e per questo il Parlamento ridusse a sei anni rinnovabili per una volta la durata del mandato vitalizio. A dieci anni dai fatti, Fazio è stato scagionato dalla Cassazione. Poche righe nelle pagine interne e nessuno gli ha mai riconosciuto il buono che ha fatto.