La giustizia ingiusta e la capacità di indignarsi

Sommersi da una valanga di codici e codicilli, più si è dentro queste cose più ci si dimentica dell’obiettivo finale

Milano, 20 ottobre 2017 -

DOMANDA

Caro direttore, ci sono cose che mi lasciano sconcertato. Come questa: uno ammazza una persona passando ad un incrocio nel semicentro di Milano a oltre 150 all’ora e il giudice, subito dopo la condanna, che fa? Lo scarcera. Lo scarcera anche se quello, dopo l’incidente, scappa e non soccorre nessuno. Eppure hanno deciso di mettergli il braccialetto elettronico e di mandarlo agli arresti domiciliari a casa. È una cosa senza nessun senso, totalmente inaccettabile. Paolo C., via mail

RISPOSTA:

Abbiamo quotidianamente a che fare, ormai, con un sistema di regolazione dei diritti e delle pene che raramente riesce a soddisfare il sentimento di concreta e autentica giustizia che ancora alberga in tutti noi. Siamo sopraffatti da tecnicismi, dall’applicazione delle (troppe) leggi che disciplinano ogni cosa. Sommersi da una valanga di codici e codicilli, più si è dentro queste cose più ci si dimentica dell’obiettivo finale. Così ci pare normale, a volte, che qualcuno torni libero dopo aver ucciso una persona con un comportamento consapevole e irresponsabile. Che oscenità. Poi, però, arrivano quelli come lei. Che, non conoscendo il Diritto come può conoscerlo un magistrato o un avvocato, vivono paradossalmente il privilegio di riuscire a guardare più lontano. E di capire al volo, quasi d’istinto, che questa cosa non è giusta, anzi, è profondamente sbagliata. Di qui la forza e il coraggio di indignarsi. Spero che questa forza riconquisti anche chi ha il dovere di scrivere leggi chiare e, appunto, giuste. E magari perfino quelli che le applicano. sandro.neri@ilgiorno.net