Seul, il miracolo dello sport e le nostre colpe

Fermiamoci alla foto destinata a restare nella storia, quella della stretta di mano tra il presidente dell’assemblea del popolo nordcoreano e il presidente della Corea del Sud

Milano, 10 febbraio 2018 

LETTERA

Non illudiamoci, lo sport non fa miracoli. Semmai è riuscito con questi giochi olimpici invernali a dare visibilità a una nazione, quella della Corea del Nord, misteriosa nei suoi meccanismi quanto lo è la figura del suo leader. L’uomo del bottone però questa volta ha azzeccato la mossa giusta riuscendo a spiazzare gli americani che non a caso si sono irritati: la “pace” per i giochi olimpici ha offerto al dittatore la possibilità di uscire dall’isolamento, di mostrare un volto meno inquietante. Una passerella utile, ma non certo foriera di cambi di rotta sulla questione politica. Gianni, Como

RISPOSTA

Fermiamoci alla foto destinata a restare nella storia, quella della stretta di mano tra il presidente dell’assemblea del popolo nordcoreano e il presidente della Corea del Sud. È dal 1945 che questo Paese è spaccato in due: pagò la sconfitta del Giappone e venne invaso da russi e americani. Fu così che il 38° parallelo divenne tra i più caldi al mondo con una guerra che durò tre anni e segnò il solco attuale: una zona lunga 248 km e larga 4, il confine forse più armato del mondo. Come non esaltare quindi il “miracolo” compiuto dai giochi olimpici invernali? Lo stesso che lo sport compì nel 1971 quando la nazionale americana di ping-pong visitò la Cina, apripista alla visita di Nixon a Pechino. Tutto materiale vagliato da politologi ed esperti della diplomazia che negli anni Settanta come oggi si sono affrettati a valutare la valenza di queste mosse. Noi vorremmo restare al gesto, sperando che questa distensione porti solo calma sul 38° parallelo. ivano.costa@ilgiorno.net