Il tormentone delle vacanze e l’Italia che lavora

Si stacca la spina e si riscopre anche un pizzico di ottimismo scordando per un paio di settimane che ci sono milioni di persone che in vacanza non vanno, vuoi perché devono lavorare e vuoi perché soldi non ne hanno

Milano, 12 agosto 2017 -

LETTERA:

ANCHE quest’anno tutta la mia estate se ne andrà in lavoro. Non mi lamento, visti i tempi. Penso piuttosto al rinnovo del mio contratto a termine e a quanto tempo passerà prima di averne un altro. Mi lamento piuttosto di come in questo periodo non si faccia altro che parlare del gran caldo e delle vacanze, dove andare, come non sfigurare, i posti più belli... È un bombardamento mediatico, due notizie sui migranti e il fronte coreano, poi, se non ci sono fattacci, via di spiagge e gossip. Ma l’Italia non ha chiuso per ferie... Federico, Como

RISPOSTA:

QUESTA ESTATE di sicuro lascerà il segno, almeno negli annali degli studiosi di meteorologia. Probabilmente segna l’ingresso nell’“era del bollito” il punto di non ritorno di un clima rivoluzionato dall’inquinamento, così ci hanno preconizzato. Come saranno le estati dei prossimi vent’anni, ancora più calde, bollenti, luciferine? E dei prossimi cento? Alle future generazioni fare i conti. Vero è che d’estate ci si dimentica di chi lavora. Rincorrendo sogni di spiagge, mare, montagne e laghi si finisce col parlare solo di questo. Si stacca la spina e si riscopre anche un pizzico di ottimismo scordando per un paio di settimane che ci sono milioni di persone che in vacanza non vanno, vuoi perché devono lavorare (e a sentir parlare di vacanze magari gli girano) vuoi perché soldi non ne hanno o passano la mattina in fila nei centri di volontariato che distribuiscono un pasto. È così da quando le vacanze sono diventate di massa acquisendo la definizione - molto più popolare - di ferie. Invece la realtà è un’altra: l’estate non è per tutti. Buon lavoro. ivano.costa@ilgiorno.net