Non rassegniamoci a una giustizia solo sulla carta

Innanzitutto un nome: Claudio Bertini. È quello dell’uomo di 68 anni che, sotto le macerie del cavalcavia di Annone, ha perso assurdamente la vita

Milano, 24 novembre 2017 - 

LETTERA

Caro direttore, possibile che il semplice e ordinario trasferimento di un magistrato possa bloccare una inchiesta? E possibile che questo possa accadere in un Paese dove ogni approfondimento penale è già di per sé lunghissimo. Fa rabbia sapere che a più di un anno dal crollo del cavalcavia di Annone Brianza i responsabili del disastro che provocò anche un morto non siano ancora stati individuati con precisione. Mariella, via mail

RISPOSTA

Innanzitutto un nome: Claudio Bertini. È quello dell’uomo di 68 anni che, sotto le macerie del cavalcavia di Annone, ha perso assurdamente la vita. È per lui, soprattutto per lui, che la ricerca della verità è urgente e doverosa. In realtà il trasferimento di un pubblico ministero non paralizza una inchiesta, ma rischia davvero di rallentarla in modo inaccettabile. Perché gli atti devono essere riforumulati, i provvedimenti in alcuni casi vanno emessi di nuovo, gli avvocati difensori hanno il diritto di chiedere tempi più lunghi, per leggere le carte. Un guaio, insomma. Invece un trasferimento dovrebbe restare quello che è: un semplice trasferimento, prima del quale (come accade in qualsiasi parte del mondo) quello che se ne va lascia le consegne a quello che arriva. Di fronte a ingiustizie come questa, però, abbiamo - abbiamo tutti noi - il dovere di non rassegnarci. E di pretendere che la Giustizia sia assicurata per davvero, non solo sulla carta. sandro.neri@ilgiorno.net