Il teatrino dei dementi

Questa volta, con gli adesivi di Anna Frank si è esagerato. Senza dubbio. Soprattutto si è toccata una corda ancora (giustamente) molto sensibile: quella dell’antisemitismo

Milano, 25 ottobre 2017 - Quanto è dolce il sorriso di Annelies. Quanto è carina con quella maglietta giallorossa. Forza Lupi, Anna Frank, passata a 16 anni per un camino di Bergen-Belsen (ditelo a Lotito che vuole andare in pellegrinaggio ad Auschwitz). Brutta bestia il razzismo. Anna l’ha conosciuto. Quello vero, che uccide. Anche oggi è vero, intendiamoci. Esiste, eccome. Tra bianchi e neri, tra neri e neri, tra bianchi e bianchi, tra Nord e Sud, Est e Ovest. Combinazioni infinite che arrivano fino agli stadi di calcio. Come non bastasse quello che già ci arriva: di tutto. Troppo spesso con una sorta di licenza di fare ciò che non è consentito nel mondo reale. Questa volta, con gli adesivi di Anna Frank si è esagerato. Senza dubbio. Soprattutto si è toccata una corda ancora (giustamente) molto sensibile: quella dell’antisemitismo. Ma non è neppure il caso di meravigliarsi troppo, né degli autori materiali (qualche imbecille con precedenti... da stadio) né di quelli che ancora continuano a giustificare il loro «sfottò».

E forse non sarebbe stato nemmeno il caso di sottolineare con toni così alti e diffusi un gesto così demenziale. Perché i dementi continueranno a pensarla come prima, fieri del proprio successo, una medaglia al valore ultras che si cuciranno Al petto. Semmai, meravigliamoci di altre cose. Delle lacrime versate dalle società che da sempre sovvenzionano il tifo organizzato, ben sapendo che in mezzo a tanta gente perbene ci sono anche delinquenti, razzisti e sfasciacarrozze. Meravigliamoci che non ci siano i daspo a vita: in Spagna è bastato il lancio di una banana a un giocatore di colore. Meravigliamoci che migliaia di agenti ogni domenica debbano prevenire e arginare violenze endemiche in nome del tifo. Quanto ad Anna, tranquilli, ne ha viste di peggio. Quegli adesivi le avrebbero mosso solo un sorriso. Dolce, e triste.