Venerdì 19 Aprile 2024

Doppia data a Milano per i Club Dogo: dieci anni di rap e ancora in vetta

Non saranno più quelli di "Mi Fist", eppure i Club Dogo sono ancora qui. All’apice del successo. E con il pregio di aver concepito quella struttura musicale e quel tipo di comunicazione verbale che oggi appartiene di diritto al rap italiano. All'Alcatraz il gran finale del tour "Non siamo più quelli di Mi fist" di Francesca Nera

Club Dogo

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Milano, 28 gennaio 2015 - Sarà per la raffinata voce di Arisa nel singolo «Fragili», sarà per la chitarra squisitamente rock di Lele Spedicato dei Negramaro in «Sayonara», o forse per le influenze pop del tormentone «Weekend» (che tra l’altro campiona «Un cuore con le ali» di Ramazzotti). Non saranno più quelli di «Mi Fist», eppure i Club Dogo sono ancora qui. All’apice del successo. E con il pregio di aver concepito quella struttura musicale e quel tipo di comunicazione verbale che oggi appartiene di diritto al rap italiano. Un genere di cui Guè Pequeno, Jake La Furia e Don Joe, non solo hanno gettato il seme, ma per il quale hanno anche iniettato la linfa giusta per il fiorire di un immaginario unico: fatto di sonorità, stili e tendenze. Ed è proprio la loro Milano che ospiterà il gran finale del tour «Non siamo più quelli di Mi Fist», oggi e domani, con una doppia data all’Alcatraz. Su un sentiero affollato - spesso scivoloso - come quello della musica rap, i Dogo tornano dunque a esibirsi in una nuova veste, trascinati dalla ricerca sonora di Don Joe che culmina in un’originale miscela di generi.

Don Joe, membro dei Club Dogo

Don Joe, da «Mi Fist» a «Non siamo più quelli di Mi Fist». Cosa sono oggi i Club Dogo? «Direi qualcosa in meglio. I successi continuano e, a 10 anni di carriera, siamo ancora il gruppo più influente del rap italiano».

«Mi Fist» uscì in una fase in cui il rap italiano sembrava morto mentre il vostro ultimo album nasce in un periodo di grande fermento artistico… «Mi Fist è stato concepito in un momento in cui non c’era nulla e noi eravamo abbastanza incoscienti per creare una pietra miliare come quella. Oggi siamo dei veri professionisti: con un contratto discografico e con molti sbattimenti in più. Però, fortunatamente, conserviamo ancora un pizzico di incoscienza per creare sempre cose nuove».

Club Dogo

Quali sono i maggiori cambiamenti che ha rilevato nella scena? «Prima gli artisti che si affermavano al grande pubblico erano 2 o 3. Ora molti rappers italiani hanno raggiunto le vette della classifica Fimi. In passato era impensabile. Sicuramente è aumentato il numero dei ragazzi che si avvicinano al rap e a tutto quello che ci ruota attorno. Parlo di giovanissimi ma anche di 40enni».

Il concerto all’Alcatraz prevede una doppia data… «Il fatto che ci siano due date a Milano fa capire che tantissimi dei nostri fans sono milanesi, anche se in molti fanno la trasferta da tutta Italia. Quella di Milano è la data con più sorprese». 

Milano si può definire «capitale del rap»?  «Se lo dico poi arrivano gli haters ad insultarmi. È sicuramente una delle capitali del rap italiano».

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