LIBRI A CONFRONTO DI ANTONIO CALABRO' Gialli sotto l’ombrellone fra amori e crimini

Versilisa d’inverno. E già questo basta per scatenare tristi pensieri. Un’inusuale nevicata epocale. Un matrimonio che si sfarina. Il ricordo sgradevole d’un premio letterario la cui star era un ex coatto d’un barrio sudamericano, Esteban J. Sormani, che aveva chiamato i suoi rottweiler Tolstoj e Dostoevskij.

Antonio Calabrò

Antonio Calabrò

Versilia d’inverno. E già questo basta per scatenare tristi pensieri. Un’inusuale nevicata epocale. Un matrimonio che si sfarina. Il ricordo sgradevole d’un premio letterario la cui star era un ex coatto d’un barrio sudamericano, Esteban J. Sormani, che aveva chiamato i suoi rottweiler Tolstoj e Dostoevskij. Una donna scomparsa (una fuga? un delitto?). E un cialtronissimo comico televisivo che irrompe in scena e devasta parecchie vite. Ci sono tutti, gli ingredienti d’un noir malinconico e ironico che cresce d’intensità di pagina in pagina. E sullo sfondo, ecco il circo mediatico dei pettegolezzi e delle vanità, che tutto sporca e travolge. Stupidità. Volgarità. E poi? “Cosa resta di noi”, racconta Giampaolo Simi, Sellerio, mettendo in scena le vicende di Edo, gestore d’un lido sulla spiaggia e della moglie Guia, capricciosa, volubile, famiglia nobile fiorentina, passioni da scrittrice che aspira al successo e recita la parte della ribelle incompresa. Figurine d’una Italietta fatua. Ma anche crudele. Dov’è mai sparita, infatti, Anna Di Falco, venditrice di arredi e mattonelle di “cotto” toscano, seduttrice di Edo, ma anche moglie separata del comico? E cosa può svelare una fornace apparentemente abbandonata? Sui risvolti della trama, sino all’irrisolto mistero finale, si tace. Si può dire, invece, che “l’estate ci mette tre mesi per diventare perfetta e lo fa a settembre. E a quel punto, raggiunta la perfezione, può solo finire”. 

Come gli amori, spesso sbagliati. Finisce anche la bellezza. E basta un incidente perché Lidia Morandi, un tempo idolo dei concorsi di bellezza, si ritrovi inferma e quasi sola. Sino al dramma: il suo assassinio con sette coltellate. Siamo nelle pagine di “La cliente sconosciuta”, di Elda Lanza, Salani. La vittima si chiama Lidia Morandi. L’investigatore è un avvocato intraprendente e sagace, Max Gilardi, già molto amato nei precedenti romanzi della Lanza. Tutt’attorno, vicini intriganti, uomini potenti, artisti bizzarri. E Napoli, solare e perfida, giocosa e criminale. Servono molti registri di scrittura, per raccontare i delitti d’Italia.

Delitti che coinvolgono anche il sofisticato mondo dell’arte. Come testimoniano le cinque storie de “Le inchieste del colonnello Reggiani” di Valerio Massimo Manfredi, per Einaudi. Aurelio Reggiani è un alto ufficiale dei Carabinieri, responsabile delle indagini sui furti di opere d’arte. Vedovo, elegante, buongustaio, seduttore ma anche efficiente, determinato, durissimo. Le sue indagini partono dall’Italia e seguono le piste dei capolavori in Sud America, o nell’ex Jugoslavia lacerata dalle guerre etniche. Sulla sua strada, incontra mafiosi e ricchissimi collezionisti, nobili impoveriti, prelati spregiudicati e una bellissima contessa “cui il comandante aveva voluto risparmiare una verità tanto amara”. Ufficiale gentiluomo, no? Tutt’altro che dei gentiluomini, invece, quelli che affollano i capitoli di “La cognizione del potere” di Federico Bonadonna, per Castelvecchi: criminali ed ex terroristi, governanti cinici e amministratori corrotti, mercanti di uomini e pedofili, politici senza scrupoli e poliziotti fedeli più alle consorterie che non alla legge. “Mafia capitale”, insomma, in una Roma livida e devastata. Un omicidio politico clamoroso. Trame di servizi segreti inquietanti. In un romanzo nero che va oltre la cronaca e suggerisce sconvolgenti intrecci di interessi, ambizioni, passioni. Si fanno soldi, anche con gli immigrati clandestini. Tanti. Una droga sconvolgente. E “in fondo la politica è lo show dei brutti”.